Cos’è la personalità?
Parleremo delle sue caratteristiche, di alcune curiosità e di come possono essere gestiti i disturbi che la riguardano.
Cos’è la personalità?
Secondo il DSM-V, la personalità è il nucleo duraturo dell’esperienza e dell’identità, capace di determinare il modo in cui percepiamo e ci relazioniamo con ciò che ci circonda.
La prospettiva scientifica della psicologia della personalità la definisce invece come un’organizzazione di modi di essere, di conoscere e di agire che assicura coerenza, continuità e progettualità al nostro rapporto con il mondo.
La nostra personalità raggruppa schemi di pensiero, percezione, reazione e relazione piuttosto stabili nel tempo: i disturbi di personalità compaiono quando questi tratti si fanno così evidenti, rigidi e disadattivi da compromettere la vita di tutti i giorni e causarci un forte disagio.
La personalità è ereditaria?
Parte del nostro temperamento - quello legato a emozioni, attenzione e attività motoria - è geneticamente predisposto, regolato da fattori ormonali e dai neurotrasmettitori.
Esiste però un’altra parte di personalità, il carattere forte: è quella che maggiormente subisce l’influenza del mondo esterno. Viene forgiata dalle nostre prime esperienze e dalle persone significative che incontriamo: i genitori, spronandoci a sviluppare i nostri talenti, ne sono un esempio.
La personalità può cambiare?
È un processo lento e progressivo, ma sì: la nostra personalità può cambiare. E lo dimostra uno studio condotto dalle università dell’Illinois, di Houston e di Tubinga, in cui un campione di 2000 persone - nell’arco di 50 anni - ha mostrato che «la personalità ha una componente stabile per tutta la durata della vita ma è anche malleabile, ovvero le persone maturano con l'età». I cambiamenti maggiori consistono in uno smussamento degli angoli più spigolosi del comportamento: chi ha partecipato ha ottenuto, mezzo secolo dopo, punteggi più alti per quanto riguarda la calma, la fiducia in sé, il senso di responsabilità e la propensione a immedesimarsi nelle altre persone. La neuroplasticità ne è la causa: le esperienze che viviamo hanno il potere di modificare la struttura del nostro ippocampo e rafforzare (o indebolire) i nostri collegamenti neuronali.
Questo assunto, la regola di Hebb, ci pone di fronte all’importanza delle scelte: optare per l’opportunità di crescita giusta, l’attività migliore per noi e le persone più adatte da frequentare può essere cruciale per la costruzione di ciò che siamo.
Cos’è la teoria dei Big Five?
Elaborata tra gli anni ‘80 e ‘90 da R. McCrae e P. Costa, raggruppa le cinque macro-categorie più usate per comporre il quadro della personalità di ciascuna persona. Dobbiamo immaginare ogni categoria come un ventaglio di possibilità, in cui c’è sempre un polo positivo, uno negativo e le mille sfumature centrali. Le categorie sono:
- Apertura all'esperienza: Rappresenta la creatività, la curiosità e l'apertura a nuove idee e esperienze. Le persone con un punteggio alto tendono a essere immaginative, artistiche e interessate a concetti astratti.
- Coscienziosità: Riflette il livello di organizzazione, autodisciplina e attenzione ai dettagli. Chi ha un punteggio elevato è affidabile, puntuale e orientato al raggiungimento degli obiettivi.
- Estroversione: Indica il grado di socialità, assertività e ricerca di stimoli. Le persone estroverse sono energiche, socievoli e godono della compagnia degli altri.
- Amicalità (piacevolezza): Misura la gentilezza, l'empatia e la disponibilità a cooperare con gli altri. Le persone amabili sono spesso altruiste, pazienti e comprensive.
- Stabilità emotiva (nevroticismo): Rappresenta la tendenza a sperimentare emozioni negative come ansia, irritabilità e insicurezza. Un basso punteggio indica stabilità emotiva e capacità di affrontare lo stress.
I disturbi di personalità: quali sono e in cosa consistono
Il DSM-V individua 10 tipi di disturbi di personalità:
GRUPPO A
Qui si collocano il disturbo paranoide (caratterizzato da diffidenza e sospettosità), quello schizoide (di cui è caratteristica tipica il disinteresse nei confronti delle altre persone) e quello schizotipico (che attribuisce a chi ne soffre idee e atteggiamenti eccentrici).
GRUPPO B
Comprende il disturbo antisociale (caratterizzato da un senso di irresponsabilità sociale, dal disprezzo e dalla necessità di ingannare e manipolare le altre persone), quello borderline (contraddistinto da vacuità interiore, relazioni instabili e disregolazione emozionale), il disturbo strionico (per il quale chi ne soffre è alla continua ricerca di attenzioni e vive l’emotività in maniera esasperata) e il disturbo narcisistico (caratterizzato dalla mancanza di empatia, dal bisogno di adulazione e da una percezione grandiosa di sé).
GRUPPO C
Racchiude il disturbo evitante (che spinge a evitare le situazioni e le interazioni sociali che potrebbero sfociare in un rifiuto, in una critica o in un’umiliazione), il disturbo dipendente (caratterizzato da arrendevolezza e bisogno di accudimento), quello ossessivo-compulsivo (in cui predominano perfezionismo, rigidità e ostinazione).
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Come si curano i disturbi di personalità?
I disturbi di personalità sono sottodiagnosticati: spesso chi ne soffre cerca una cura per i sintomi più evidenti e limitanti, come autolesionismo, ansia e/o depressione.
Il trattamento farmacologico è efficace sui sintomi specifici e potrebbe essere un utile alleato all’inizio del percorso di guarigione.
La psicoterapia è il trattamento di riferimento per i disturbi di personalità: sia quella individuale sia quella di gruppo si sono dimostrate efficaci per la maggior parte delle tipologie.
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Bibliografia
- American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (5ª ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing.
- Costa, P. T., & McCrae, R. R. (1992). Revised NEO Personality Inventory (NEO-PI-R) and NEO Five-Factor Inventory (NEO-FFI) professional manual. Odessa, FL: Psychological Assessment Resources.
- Caspi, A., Roberts, B. W., & Shiner, R. L. (2005). Personality development: Stability and change. Annual Review of Psychology, 56, 453-484.