Tristezza: cos'è, cause e come affrontarla
La tristezza è un'emozione umana universale che può manifestarsi in risposta a eventi negativi, perdite o delusioni. È una sensazione transitoria che può variare in intensità e durata, influenzando il nostro benessere emotivo.
La tristezza rientra tra le emozioni primarie che fanno parte della nostra vita come la gioia, la rabbia, la felicità e la paura. Se appare senza un motivo apparente o persiste a lungo, può essere il sintomo di un disturbo depressivo.
Cos'è la tristezza?
"Mi sento triste": quante volte hai pronunciato questa frase dopo una delusione, una perdita, un piccolo incidente di percorso?
Carl Jung era solito affermare che una vita felice non può esistere senza una certa dose di oscurità e che la parola felice perderebbe il suo significato più profondo se non fosse bilanciata dalla tristezza.
Secondo l’American Psychological Association (APA), la tristezza è "uno stato emotivo di infelicità, di intensità variabile da lieve a estrema e solitamente suscitato dalla perdita di qualcosa di molto apprezzato".
La tristezza, insieme alla rabbia, alla felicità, alla paura, al disgusto, al disprezzo e alla sorpresa è una delle 7 emozioni primarie. Non è il sintomo di qualcosa che non va ma è una reazione del tutto naturale a eventi poco piacevoli.
Secondo gli esperti, la tristezza è necessaria per la tua crescita personale perché dà il via a quel processo di elaborazione che ti permetterà di accettare quello che ti è accaduto e di fare un primo passo verso un nuovo inizio.
Qual è la differenza tra tristezza e depressione?
Provare tristezza non è la stessa cosa che soffrire di depressione.
La depressione rende difficile vivere e portare a termine i tuoi impegni; la tristezza, in questo caso, non è uno stato d’animo passeggero ma persistente, dura più a lungo e non è necessariamente connesso a un evento o a una causa specifica. A volte però, quando la tristezza infinita ti prende la mano e non riesci a elaborarla, può portarti alla depressione.
Per capire se sei depresso, prova a guardare in faccia questa sensazione di afflizione e tristezza e chiediti: dura da più di due settimane? Se la risposta è affermativa, potresti aver bisogno del supporto di un professionista della salute mentale.
La depressione è un disturbo che cambia la vita e influisce sul nostro comportamento, sui nostri pensieri e sul nostro benessere generale, ci prosciuga di energia e indebolisce la nostra motivazione.
Ricorda: la tristezza è un sentimento, la depressione una malattia. Noi di Serenis possiamo aiutarti ad affrontarla con il supporto di uno psicologo online al tuo fianco.
Quali sono i sintomi della tristezza?
La tristezza è un'emozione che avvertiamo nel cuore, nella mente ma anche nel corpo. Tra i sintomi più caratteristici ricordiamo:
- bruciore al petto
- letargia
- mal di testa
- disturbi del sonno
- mancanza di appetito
- difficoltà di concentrazione.
Spesso, quando una persona è triste, avverte un nodo alla gola e il desiderio di piangere. I pensieri negativi non ci danno tregua, si fanno pesanti; la narrazione che offriamo alla nostra mente ci parla di solitudine, malinconia. Ci sentiamo sfiduciati nei confronti di noi stessi, del futuro e tendiamo a isolarci.
L'intensità della tristezza varia a seconda del contesto e dell’evento scatenante ma dipende anche dalla nostra disregolazione emotiva, dalla capacità di gestire le emozioni e da come reagiamo alle cose che ci succedono.
Fattori di rischio interni
Non siamo mai tristi senza motivo. In qualche caso la causa scatenante sembra sfuggirti, non riesci a trovare nessun nesso tra il tuo stato d’animo e gli eventi ma non è così. La tristezza si verifica quando valutiamo come negativo qualcosa che ci accade, quando le etichettiamo come perdita, abbandono.
I fattori di rischio che possono causare la tristezza sono:
- la perdita di una persona cara a seguito di un lutto o di una separazione;
- una grave delusione;
- circostanze di vita impreviste e difficili come, ad esempio, la perdita del lavoro.
A volte è il cuore spezzato a renderci tristi, la sensazione di essere soli e incompresi di aver mancato un obiettivo importante. È l’abbandono del nido da parte dei figli, la sensazione di essere impotenti, rifiutati, inadeguati.
Fattori di rischio esterni
La tristezza non dipende soltanto da ciò che si succede. In alcuni casi può essere causata da farmaci, cambiamenti ormonali, malattie o disturbi come l’ansia, la depressione, i disturbi alimentari o altre condizioni specifiche.
La tristezza è importante?
La tristezza, per quanto spiacevole, ha uno scopo. È un’emozione che parla di te, non ti definisce, non racconta chi sei ma come ti senti e il modo in cui reagisci agli eventi.
A nessuno di noi piace essere triste e quando ci sentiamo preda della malinconia e dell’afflizione, cerchiamo un modo veloce ed efficace per sentirci meglio e uscirne il più velocemente possibile.
Questo atteggiamento ci porta a reprimere le nostre emozioni.
Immagina di avere in mano un oggetto come una palla e di spingerla il più possibile sott’acqua: nonostante la forza e la spinta impiegate, tenterà sempre di riemergere. È una lotta alla Don Chisciotte: la tristezza è un mulino a vento che non puoi combattere se prima non ne riconosci l’esistenza e il valore.
Negare la tristezza è come tenere quella pallina immaginaria sotto il pelo dell’acqua: più la reprimiamo, più lei cercherà di venire a galla e lo sforzo può davvero far vacillare il nostro equilibrio fisico ed emotivo.
E se provassimo invece ad abbracciarla?
Gestire le emozioni
Gestire le emozioni con intelligenza emotiva vuol dire permettere al dolore di accompagnarci per un breve tragitto, significa arricchire la nostra vita emotiva e accettare il fatto che le esperienze spesso sono un gioco di chiaroscuri. Nello specifico, accogliere la tristezza vuol dire accettare la vita così com’è e il fatto che siamo umani, vulnerabili.
In un mondo che ci vuole sempre performanti e felici, sentirsi tristi vuol dire non distogliere lo sguardo ma "sentire", permettere, diventare coscienti.
Cosa ti sta dicendo la tua tristezza? Solitamente questo stato d’animo arriva nel momento in cui siamo "fuori equilibrio": corpo e mente si coalizzano per comunicarci che qualcosa non va.
La tristezza, quando arriva, porta con sé una serie di richieste. Vuoi sapere quali sono? Prova a chiudere gli occhi e percepisci la sua voce, ti sta dicendo: ascoltami, sentimi, siediti con me, abbracciami. E per quanto doloroso possa sembrare, tutto questo è sinonimo di guarigione... e di vita!
Cosa fare quando sono triste?
Prendiamo in prestito una delle tecniche tipiche della terapia della Gestalt e proviamo a eseguire l'esercizio della sedia.
Prendi una sedia vuota, posizionala davanti e te immagina che ci sia seduta la tua tristezza. Nota com’è vestita, osserva i suoi colori, ascolta quello che ha da dirti. Cammina intorno alla sedia e guardala. È proprio nello sguardo che le rivolgi la chiave dell’esercizio. Guardarla ti permette di accettarla perché è lì, è seduta, ma al tempo stesso vuol dire prendere le distanze da questa emozione.
Ricorda: tu non sei la tua tristezza.
Ti senti triste, non sei triste. Tu sei molto di più di questo stato d'animo.
Quali sono gli effetti della tristezza prolungata?
La tristezza persistente può provocarti la perdita del piacere e della felicità, può causarti difficoltà di concentrazione, insonnia, sbalzi d’umore e, se trascurata, può sfociare in un disturbo depressivo.
Interventi terapeutici
La terapia sistemica, la Gestalt, l'ipnoterapia o la terapia cognitivo comportamentale sono gli approcci terapeutici più efficaci per trattare una tristezza persistente e prolungata nel tempo.
Fonti:
- Shirai, M., & Suzuki, N. (2017). Is sadness only one emotion? Psychological and physiological responses to sadness induced by two different situations: "Loss of someone" and "Failure to achieve a goal." Frontiers in Psychology, 8. https://doi.org/10.3389/fpsyg.2017.00288A new strategy to alleviate sadness: Bring the emotion to life. (2019, October 19). ScienceDaily.
- https://www.sciencedaily.com/releases/2019/10/191003103515.htm
- Bastian, B., Koval, P., Erbaş, Y., Houben, M., Pe, M., & Kuppens, P. (2015). Sad and Alone. Social Psychological & Personality Science, 6(5), 496–503. https://doi.org/10.1177/1948550614568682