Sentirsi in colpa dopo aver mangiato

Sentirsi in colpa dopo aver mangiato è un'esperienza comune che ha numerose cause. Vediamo insieme quali sono e come sconfiggere i sensi di colpa dopo un pasto.

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sentirsi in colpa dopo mangiato

Il senso di colpa alimentare trasforma l’atto fisiologico del nutrirsi in una fonte di stress emotivo. Questo sentimento negativo, spesso legato a ideali di bellezza irrealistici e a rigide regole alimentari, incide profondamente sul rapporto con il cibo e con il proprio corpo. Le conseguenze possono essere molteplici, dalla riduzione della qualità della vita allo sviluppo di disturbi del comportamento alimentare. Le cause sono complesse e coinvolgono fattori biologici, psicologici e socioculturali. Superare il senso di colpa alimentare richiede un approccio multidisciplinare che miri a modificare le credenze disfunzionali, gestire le emozioni negative e ripristinare una relazione sana con il cibo.

Cos’è il senso di colpa?

Il senso di colpa è un'emozione complessa e sfaccettata, caratterizzata da sentimenti di rimorso, rammarico e auto-rimprovero che ci assalgono quando capiamo di esserci comportati in maniera inappropriata o sbagliata.

Ognuno di noi possiede un insieme di norme interne che orientano il proprio comportamento e le proprie scelte; quando queste norme vengono violate, il senso di colpa è il segnale che ci indica la necessità di correggere l'errore.

Per quanto scomodo e doloroso, il senso di colpa non è sempre negativo: se ci pensi bene, ci aiuta non solo a correggere i nostri errori e a migliorare le nostre azioni future ma ci permette di conoscerci meglio.

Quando però rimaniamo intrappolati nelle sue spire, quando ci conduce a un punto morto e non lo utilizziamo per capire e progredire, il senso di colpa può influenzare in maniera significativa la nostra vita: può farci sentire tristi, ansiosi, eccessivamente autocritici, può diminuire la nostra autostima, la fiducia in noi stessi e contribuire al nostro isolamento.

Sentirsi in colpa dopo aver mangiato

Immagina di tornare a casa dopo una lunga giornata di lavoro. Sei esausto e non hai mangiato da diverse ore. Ti siedi sul divano per guardare la tua serie Tv preferita e, senza nemmeno accorgertene, consumi un intero sacchetto di patatine. Alla fine dell'episodio, realizzi cosa è successo e un'ondata di sensi di colpa ti travolge: non riesci a credere di aver mangiato tutto quel cibo in una sola volta e in così poco tempo.

Il senso di colpa legato al cibo è un'esperienza più comune di quanto possiamo pensare. Sempre più spesso percepiamo il cibo come un avversario da combattere, piuttosto che come un nutrimento essenziale per il nostro organismo. Questa visione, che divide gli alimenti in buoni e cattivi, genera un senso di colpa automatico e profondo ogni qualvolta consumiamo qualcosa che rientra nella categoria "proibita".

Il cibo è spesso associato a giudizi morali: mangiare un alimento considerato proibito viene visto come un cedimento, una mancanza di forza di volontà. Ci sentiamo deboli e colpevoli per non essere riusciti a resistere alla tentazione, come se avessimo commesso un errore imperdonabile.

Cos’è il senso di colpa alimentare?

Il senso di colpa alimentare è un'emozione negativa che si manifesta quando avvertiamo rimorso o vergogna per aver consumato cibi considerati sbagliati o proibiti. Questa sensazione deriva da un giudizio severo nei confronti delle proprie scelte alimentari che ci porta a valutare in maniera negativa non soltanto il nostro comportamento ma tutta la nostra persona.

Il senso di colpa alimentare può manifestarsi attraverso pensieri ricorrenti come non avrei dovuto mangiare questo snacksono una delusione per aver ceduto a questa tentazione. Le radici di questa emozione possono derivare, come vedremo, da un'educazione alimentare rigida, da diete drastiche o da alcune dinamiche familiari disfunzionali.

Perché mi sento in colpa dopo aver mangiato?

"Ho mangiato troppo, mi sento in colpa": da dove nasce questa correlazione?

Le ragioni sono molteplici e spesso i confini di una si disperdono in quelli dell’altra.

Viviamo in un mondo in cui siamo quotidianamente bombardati da immagini perfette e irraggiungibili. I social media, in particolare, creano un'illusione di perfezione fisica, di mode alimentari (pensiamo al celebre quanto dannoso What I eat in a day) che possono farci sentire inadeguati e colpevoli se non riusciamo a raggiungere questi standard.

Spesso riduciamo l'alimentazione a una semplice dicotomia tra buono e cattivo, soprattutto se abbiamo una mentalità rigida o eccessivamente perfezionista; sulla base di questa suddivisione, costruiamo la nostra dieta e ogni deviazione diventa un fallimento. Il risultato è che veniamo trascinati in un circolo vizioso di sensi di colpa e frustrazione.

A volte la causa è da ricercarsi nell’incapacità di stare bene nella nostra pelle: se la nostra autostima è bassa, tendiamo a giudicarci duramente. Ogni sgarro alimentare diventa una conferma della nostra inadeguatezza.

Il cibo spesso è una valvola di sfogo. Quando siamo stressati, tristi o ansiosi, tendiamo a cercare conforto nel cibo; questo sollievo però è temporaneo e lascia spazio a sensi di colpa e frustrazione.

Senso di colpa alimentare ed esperienze passate

Spesso ci chiediamo perché proviamo un senso di colpa dopo aver mangiato qualcosa che consideriamo sbagliato. La risposta è nascosta nel nostro passato. Le esperienze che abbiamo vissuto durante l'infanzia e l'adolescenza, le interazioni con gli altri e gli eventi che ci hanno segnato hanno plasmato il nostro rapporto con il cibo e con il nostro corpo.

Le nostre prime esperienze

Durante la nostra infanzia, il cibo è stato utilizzato come ricompensa o punizione? Abbiamo subito commenti sul nostro peso o sulla nostra forma fisica? Questi messaggi, spesso impercettibili, hanno il potere di radicarsi nella nostra mente, creando un legame profondo tra cibo e valore personale. Quando non rispettiamo le regole alimentari che abbiamo interiorizzato, proviamo un senso di colpa che rispecchia la paura di non essere all'altezza.

Eventi negativi

Eventi traumaticiabusi o periodi di stress prolungato durante l’infanzia o la prima adolescenza possono alterare profondamente il nostro rapporto con il cibo. In questi momenti, il cibo può diventare un rifugio, un modo per affrontare emozioni difficili, oppure un modo per esercitare un controllo in una situazione che ci sfugge.

Le parole che fanno male

I commenti negativi sul nostro corpo o sulle nostre abitudini alimentari, soprattutto se provengono da persone importanti come genitori o amici, possono lasciare ferite profonde. Queste critiche interiorizzate diventano una voce che ci giudica costantemente, alimentando il senso di colpa e l'insicurezza.

Sentirsi in colpa dopo aver mangiato e disturbi alimentari

Il senso di colpa è un compagno costante per chi soffre di disturbi alimentari come anoressiabulimia e disturbo da alimentazione incontrollata. Dopo un episodio di abbuffata o dopo aver consumato un cibo considerato vietato, chi soffre di questi disturbi prova un senso di colpa intenso e debilitante. Questo sentimento di fallimento li spinge a mettere in atto comportamenti compensatori, come il vomito autoindotto o restrizioni alimentari drastiche, nel tentativo di "espiare" il cibo ingerito.

Nel binge eating, il senso di colpa è particolarmente intenso e crea un circolo vizioso: le abbuffate sono seguite da un profondo senso di vergogna e fallimento, che a sua volta può innescare nuove abbuffate come tentativo di anestetizzare il dolore emotivo.

Il cibo, in questi casi, diventa una fonte di giudizio e di auto-svalutazione. Le persone con disturbi alimentari tendono a etichettare rigidamente gli alimenti, dividendoli in buoni e cattivi, e a definire il proprio valore in base alle loro scelte alimentari. Ogni deviazione dalla dieta "perfetta" è vissuta come un fallimento personale, innescando un meccanismo di auto-punizione.

Il senso di colpa è un compagno costante durante la fase di remissione da un disturbo alimentare; in molti casi può rivelarsi come uno strumento insidioso al servizio del DCA perché tenta di riportarci sotto la sua influenza. Questa emozione può indurci a ricadere, a tornare indietro, cancellando i progressi e i traguardi che abbiamo raggiunto con tanta fatica.

La prima cosa da fare è comprendere che combattere il senso di colpa non è facile ma possiamo imparare, giorno dopo giorno, a non dare a questa emozione la possibilità di prendere il sopravvento e di controllarci. Proviamo a essere gentili con noi stessi e a comprendere che la sua presenza è un chiaro e tangibile segnale che stiamo uscendo dalla zona di comfort che il DCA ha costruito per noi. Siamo quindi sulla strada giusta!

Guarire significa spesso fare l'opposto di ciò che il nostro disturbo alimentare ci suggerisce di fare. Con il tempo, il senso di colpa diminuirà e, infine, scomparirà: tutto quello che dobbiamo fare è avere pazienza e perseverare, un passo alla volta.

Quando capita di sentirsi in colpa dopo aver mangiato?

I sensi di colpa possono sopraffarci dopo aver mangiato cibi che consideriamo vietati: se seguiamo una dieta restrittiva o se abbiamo interiorizzato l'idea che alcuni alimenti sono deleteri per la nostra forma fisica, è probabile che ci sentiremo in colpa dopo averli consumati.

A volte è la quantità a farci stare male: magari abbiamo mangiato cibi che consideriamo sani ma in quantità eccessiva. I sensi di colpa arrivano inoltre quando ci rendiamo conto che abbiamo utilizzato il cibo per regolare le nostre emozioni e per gestire stress, tristezza o noia.

senso di colpa dopo mangiato

Cosa fare quando ho i sensi di colpa per il cibo?

Una delle prime cose da fare è praticare la consapevolezza. Prenditi un momento per riflettere su come ti senti e cerca di identificare le emozioni che provi. Questo può aiutarti a comprendere meglio le tue reazioni e a ridurre l'intensità del senso di colpa.

Prova a spostare la tua attenzione dal giudizio su ciò che hai mangiato a un approccio più gentile e volto all'accettazione di te stesso. Ricorda che è normale concedersi uno sfizio di tanto in tanto e che il cibo non dovrebbe essere visto come un nemico.

Un'altra strategia utile è quella di parlare con qualcuno di fiducia, come un amico o un professionista della salute mentale, per condividere le tue preoccupazioni e ricevere supporto. Questo può aiutarti a normalizzare l'esperienza e a ridurre il senso di isolamento che spesso accompagna il senso di colpa alimentare.

Come affrontare i sensi di colpa per il cibo

Come si fa a non sentirsi in colpa dopo aver mangiato?

Il senso di colpa alimentare è strettamente legato al modo in cui ci approcciamo al cibo e può essere accentuato da alcune abitudini come mangiare troppo velocemente che, in psicologia, è il segnale che stiamo mangiando sotto la spinta dello stress o dell’ansia; è come se cercassimo di divorare le nostre emozioni.

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L’obiettivo quindi è cercare di ricostruire il nostro rapporto con l’alimentazione: proviamo seguire pochi ma semplici consigli:

1) Smetti di pensare al cibo come a un nemico

La cultura delle diete ha stravolto il mondo della nutrizione. Alcuni cibi sono vietati, altri sembrano avere il potere taumaturgico di salvarci dal girone degli obesi: il cibo però è fatto per essere gustato! Il tuo obiettivo deve essere una dieta equilibrata ma soprattutto varia. Consulta le Linee Guida per una sana alimentazione: includere tutti i cibi nella tua alimentazione ti aiuterà a perdere la paura di alcuni alimenti e a sentirti più libero.

Scrivi tutte le tue regole alimentari su un foglio. Analizza ognuna di esse e chiediti: è davvero così? Da dove viene questa convinzione? Mi fa stare bene? Una volta individuate le convinzioni limitanti, lavora per smantellarle. Concentrati sul nutrire il tuo corpo con cibi che ami, senza sensi di colpa!

Non è necessario diventare un nutrizionista, ma acquisire una cultura di base ti permetterà di decodificare le informazioni spesso contraddittorie che troviamo sui media e di fare scelte alimentari consapevoli.

2) Mangia a sufficienza

Privarsi del cibo non è salutare. Quando mangi in maniera adeguata al tuo fabbisogno, riesci ad ascoltare il tuo corpo e a capire di cosa ha davvero bisogno. Mangiare a sufficienza inoltre ti aiuta a evitare le abbuffate che poi portano al senso di colpa.

3) Mindful eating

La mindful eating aiuta a migliorare la consapevolezza dei segnali di fame e sazietà e permette una gestione più efficace del peso. L'alimentazione consapevole ci incoraggia a prestare attenzione al momento presente, alle sensazioni fisiche e alle emozioni legate al cibo, promuovendo una relazione più sana con l'alimentazione.

La consapevolezza alimentare può aiutarci a ridurre comportamenti alimentari disfunzionali, come il binge eating e l'emotional eating, contribuendo a un miglioramento del benessere emotivo e alla gestione dei sintomi dettati dall'ansia e dallo stress.

4) Accetta il tuo corpo

Il modo in cui vediamo il nostro corpo influenza il nostro rapporto con il cibo. Se non ti accetti, è più probabile che tu ti senta in colpa per quello che mangi. L'accettazione del corpo richiede tempo e pazienza, ma è un passo fondamentale per superare il senso di colpa. Non cercare la perfezione, concentrati sull'accettare il tuo corpo così com'è, con i suoi pregi e i suoi difetti.

Serenis può aiutarti

Il senso di colpa alimentare ci fa sentire come se dovessimo pagare per ogni boccone che mangiamo. Questa punizione, però, non fa altro che aumentare il nostro desiderio per il cibo proibito, creando un circolo vizioso da cui è difficile uscire. Limitare l'alimentazione, vomitare o usare lassativi sono comportamenti estremi che non risolvono il problema, anzi lo aggravano: non solo danneggiano il nostro corpo, ma ci fanno sentire in colpa, inadeguati e soli. Chiedere il supporto di professionisti della salute mentale o rivolgerti a centri specializzati nella cura dei disturbi alimentari è un passo fondamentale per sviluppare un approccio più sano ed equilibrato all'alimentazione.

Gli psicoterapeuti di Serenis sono qui per supportarti nel tuo percorso di guarigione e per incoraggiarti a esplorare le tue preoccupazioni e i tuoi disagi in un ambiente sicuro e professionale. Non esitare a contattarci: insieme possiamo lavorare per liberarti dal peso del senso di colpa alimentare e aiutarti a sviluppare un rapporto più sano con il cibo.

 

Fonti:

  • Della Salute, M. (n.d.). Linee guida per una sana alimentazione. https://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?id=2915
  • McNamara, C., Chur‐Hansen, A., & Hay, P. (2007). Emotional responses to food in adults with an eating disorder: a qualitative exploration. European Eating Disorders Review, 16(2), 115–123. https://doi.org/10.1002/erv.810
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  • Kuijer, R. G., Boyce, J. A., & Marshall, E. M. (2014). Associating a prototypical forbidden food item with guilt or celebration: Relationships with indicators of (un)healthy eating and the moderating role of stress and depressive symptoms. Psychology and Health, 30(2), 203–217. https://doi.org/10.1080/08870446.2014.960414
  • Daly, A. N., Kearney, J. M., & O’Sullivan, E. J. (2024). The underlying role of food guilt in adolescent food choice: A potential conceptual model for adolescent food choice negotiations under circumstances of conscious internal conflict. Appetite, 192, 107094. https://doi.org/10.1016/j.appet.2023.107094
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Dott.ssa Martina MiglioreDirettore della Formazione e dello Sviluppo
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Romana trapiantata in Umbria. Laureata in psicologia e specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale. Ex-ricercatrice in Psicobiologia e psicofarmacologia. Visione pratica e creativa del mondo, amo le sfide e trovare soluzioni innovative. Appassionata di giochi di ruolo e cultura pop, li integro attivamente nelle mie terapie. Confermo da anni che parlare attraverso ciò che amiamo rende più semplice affrontare le sfide della vita.
Federico RussoPsicologo, Psicoterapeuta, Neuropsicologo
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Psicologo e psicoterapeuta con 8 anni di Esperienza. Iscrizione all’Ordine degli Psicologi - Regione Puglia, n° 5048. Laurea in Psicologia clinica e della salute, Università degli Studi di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia presso l'Istituto S. Chiara. Crede che la parte migliore del suo lavoro sia il risultato: l’attenuazione dei sintomi, la risoluzione di una difficoltà, il miglioramento della vita delle persone.
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