Salute mentale nelle carceri: gli effetti della detenzione

In questo articolo vediamo quali sono gli effetti psicologici della detenzione e quali le cause del disagio psicologico vissuto dai detenuti.

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carcere e salute mentale

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l'incidenza dei disturbi mentali nelle carceri sta diventando una vera e propria emergenza sanitaria. Un terzo dei detenuti soffre di patologie come depressione, disturbo affettivo bipolare, schizofrenia, demenza e disturbo dello sviluppo.

Nonostante l'urgenza mostrata da questi dati, l'accesso all'assistenza psicologica e psichiatrica negli istituti di pena è limitato e ostacolato da alcuni fattori come, ad esempio, il numero esiguo di professionisti della salute mentale in rapporto a quello dei detenuti.

Il sistema penitenziario italiano: cos’è esattamente il carcere?

Con questo termine indichiamo il luogo nel quale sono detenuti i destinatari di misure di sicurezza, gli indagati in custodia cautelare e i condannati in via definitiva.

Nel sistema penitenziario italiano, il direttore del carcere è la figura che ha il compito di garantire la sicurezza all’interno dell'istituto penitenziario, di impartire le direttive agli operatori e non solo. Uno dei doveri più importanti affidati a questa figura professionale è la rieducazione del detenuto. In linea teorica, è quindi questa figura a dover garantire anche un'adeguata assistenza psicologica ai detenuti.

La consapevolezza del proprio reato unita alla capacità di reintegrarsi nella società sono i punti chiave della rieducazione e della possibilità di vedere la pena come un’opportunità per cambiare in meglio la propria vita e per reinserirsi, scongiurando il pericolo di tornare a delinquere: ma è davvero così?

Il carcere è un’esperienza dolorosa per il detenuto e, come vedremo, per la sua famiglia. Entrare nel sistema penitenziario ed essere privati della libertà vuol dire andare incontro a importanti conseguenze psicologiche: la tensione emotiva può causare una catena di reazioni e di distorsioni affettive, cognitive e percettive davvero difficili da affrontare.

Salute mentale e sistema penitenziario

Nonostante la sensibilizzazione chiesta a gran voce dall’OMS, non è ancora facile parlare di salute mentale. Chi soffre di disturbi psichici non deve sopportare soltanto lo stigma della sua condizione ma anche la consapevolezza di essere invisibile, un minuscolo granello di polvere da nascondere sotto il tappeto di una società che ci vuole sempre perfetti, funzionali ed efficienti.

Tra le mura del carcere questa situazione raggiunge una dimensione insostenibile e a confermarlo sono i numeri: il 32,8% delle popolazione carceraria soffre di disturbi mentali.

In Europa quindi un detenuto su tre vive un disagio psichico e il numero dei suicidi in cella cresce di anno in anno: nel 2020, il numero dei suicidi nelle carceri e i casi di autolesionismo registrati sono stati i più alti degli ultimi anni.

Nonostante questi dati allarmanti, le carceri lamentano la mancanza di servizi dedicati alla salute mentale e denunciano la carenza di psicologi e psichiatri.

Gli effetti psicologici della detenzione

Il carcere, racchiudendo il corpo in un ambito circoscritto, interrompe la sua relazione con lo spazio e il tempo e modifica lentamente l'immaginazione del detenuto, la sua psiche e la percezione della sua identità.

Le conseguenze psicologiche della pena detentiva sono molteplici. I ricercatori hanno identificato effetti negativi come depressione, ansia, vergogna e senso di colpa ma anche disturbi comportamentali, violenza e aggressività.

Queste conseguenze dipendono da variabili personali e da fattori legati all’ambiente carcerario, tra cui la mancanza di privacy, la promiscuità, la mancanza di attività stimolanti, la monotonia. Queste condizioni possono portare ad una minore autostima e a una sostanziale incapacità di adattarsi al nuovo modo di vivere.

Se è vero che la detenzione causa notevoli difficoltà psicologiche, lo è altrettanto il fatto che ogni individuo reagisce all’ambiente carcerario a modo suo.

Alcuni detenuti tenderanno a chiudersi in se stessi, altri svilupperanno condizioni psicotiche come la paranoia, si sposteranno verso uno stato depressivo o si impadroniranno di quella che comunemente viene chiamata "identità carceraria".

In linea di massima, un detenuto può sperimentare:

Ansia

I disturbi d’ansia dipendono sia da alcune variabili personali che dall’ambiente carcerario in senso stretto.

Depersonalizzazione

Il detenuto sperimenta la perdita dell’individualità e un progressivo adattamento patologico a un ambiente il cui fine sembra quello della destrutturazione della personalità.

Perdita di privacy e "acculturazione"

La convivenza forzata cancella lentamente i confini privati. Il detenuto sperimenta il processo dell’acculturazione ovvero acquisisce ruoli, valori e comportamenti tipici della cultura carceraria.

Desocializzazione

Per i detenuti ci sono due linee temporali che avanzano a velocità diverse.

La prima è legata alla quotidianità, vive di un'estrema ripetitività e non è determinata dalla volontà del detenuto che non può scegliere quando mangiare, quando dormire o svegliarsi o quando lavarsi.

La seconda temporalità è quella del mondo esterno, rispetto al quale il prigioniero è completamente fuori fase e fuori tempo: questa sensazione lo porta a sentirsi ai margini della società.

Mancanza di controllo sulla propria vita

Il detenuto sperimenta non solo la perdita della libertà individuale ma anche l’impossibilità di prendere decisioni che riguardano se stesso o la propria famiglia e di controllare l'evoluzione degli eventi esterni. Questa situazione lo fa sentire frustrato e impotente.

Assenza di aspettative

Il detenuto, soprattutto se soggetto a pene lunghe, spesso non riesce a formulare schemi di pensiero funzionali sulla sua vita futura.

Deprivazione affettiva e sessuale

La mancanza di relazioni affettive e sessuali espone fisicamente il detenuto allo sviluppo di alcune disfunzioni ma soprattutto alla sensazione di una pena "matrigna", afflittiva e non più rieducativa.

assistenza psicologica in carcere

Disagio psicologico del detenuto: le cause

L’ambiente carcerario incide sul benessere emotivo del detenuto a causa della disconnessione dalla famiglia, dalla società e dal sostegno sociale ma è legato anche alla perdita di autonomia e non solo. Tra i fattori che possono ledere la salute mentale ricordiamo:

  • imprevedibilità dell’ambiente circostante;
  • noia;
  • violenza;
  • interazione negativa tra personale penitenziario e detenuto.

L’OMS aggiunge un elemento chiave: il sovraffollamento.

Secondo quanto riportato dall’Associazione Antigone, il sistema penitenziario nazionale conta un sovraffollamento pari al 113%. La ragione è chiara: il carcere non è considerato l'ultima risorsa ma la misura abituale della pena.

Il sovraffollamento delle carceri ha conseguenze negative sulla salute dei detenuti perché può portare a violenza, problemi di salute mentale, trasmissione di malattie e mancanza di accesso all’assistenza psicologica e sanitaria.

L'impatto psicologico del carcere sulle famiglie dei detenuti

Lo sguardo curioso della gente ma soprattutto la solitudine, lo stigma e l'isolamento: anche le famiglie dei detenuti subiscono una condanna. La pena che devono scontare però non è di natura detentiva ma è ancora più profonda: è una condanna che diventa morale.

I familiari o gli amici spesso affrontano difficoltà sociali o emotive legate al fatto che un membro della loro famiglia o comunque della cerchia affettiva è in carcere. Le sanzioni sociali possono mettere a dura prova la stabilità mentale di chi si trova a fare i conti con queste realtà.

Detenuti e figli, storia di una relazione difficile

La detenzione trasforma qualsiasi relazione ma incide soprattutto in quella tra genitore e figlio.

Avere un genitore in carcere è un'esperienza infantile avversa che può avere conseguenze importanti per la salute e il benessere del bambino e dell’adulto di domani.

I figli di genitori detenuti sperimentano sensazioni come la sindrome dell'abbandono, l'angoscia, la paura ma soprattutto possono essere soggetti a bullismo e discriminazioni.

La trasformazione della famiglia in monoparentale deve prevedere la presenza di un genitore solidale, capace di aiutare il bambino a sviluppare le abilità e le competenze necessarie per sopravvivere al trauma di un genitore in prigione.

Un ambiente sicuro, un dialogo aperto e onesto, l'accettazione e la convalida delle preoccupazioni del bambino sono fondamentali per guidarlo e proteggerlo. Sotto questo punto di vista, il supporto di un professionista della salute mentale è indispensabile per la serenità del piccolo.

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Tutelare la salute mentale del detenuto: prospettive future

Tutelare la salute mentale di un detenuto nel rispetto della pena detentiva è possibile solamente recuperando quel senso di umanità che spesso si perde nei pochi metri quadri di una cella.

È essenziale che vi sia un intervento di qualità da parte dei professionisti, in particolare degli psicologi e psicoterapeuti, per favorire il reinserimento sociale dei detenuti che, prima di uscire, saranno chiamati a recuperare la loro essenza positiva, a ricostruire valori e a riconnettersi con se stessi.

In questo modo sarà possibile realizzare l'obiettivo della detenzione: la rieducazione delle carenze e dei valori perduti e il successivo reinserimento positivo nella società.

 

Fonti:

  • Pelissero, M. (2018). Salute mentale e carcere: una necessità dimenticata. QUESTIONE GIUSTIZIA, (3), 133-135.
  • ©POL.it 2001 PSICHIATRIA PENITENZIARIA: documento. (n.d.). https://www.priory.com/ital/brandi37.htm 
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Romana trapiantata in Umbria. Laureata in psicologia e specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale. Ex-ricercatrice in Psicobiologia e psicofarmacologia. Visione pratica e creativa del mondo, amo le sfide e trovare soluzioni innovative. Appassionata di giochi di ruolo e cultura pop, li integro attivamente nelle mie terapie. Confermo da anni che parlare attraverso ciò che amiamo rende più semplice affrontare le sfide della vita.
Federico RussoPsicologo, Psicoterapeuta, Neuropsicologo
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Psicologo e psicoterapeuta con 8 anni di Esperienza. Iscrizione all’Ordine degli Psicologi - Regione Puglia, n° 5048. Laurea in Psicologia clinica e della salute, Università degli Studi di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia presso l'Istituto S. Chiara. Crede che la parte migliore del suo lavoro sia il risultato: l’attenuazione dei sintomi, la risoluzione di una difficoltà, il miglioramento della vita delle persone.
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