Parent training: modelli, obiettivi ed esercizi
Il Parent Training offre strumenti e tecniche ai genitori per affrontare le sfide educative, puntando su modelli, obiettivi ed esercizi pratici per rafforzare il rapporto genitore-figlio.
Parent training è una parola inglese che significa letteralmente "allenamento del genitore".
Si tratta, in sintesi, di un termine con cui viene indicato un intervento sui genitori del bambino, per insegnare loro come gestire i comportamenti problematici del figlio.
Approfondiamo ora nello specifico che cos’è il Parent training e in che cosa consiste.
Che cos’è il Parent Training?
Come accennato in precedenza, il termine si riferisce a un programma pensato per i genitori, per far fronte alle difficoltà che possono presentarsi nella genitorialità.
Il parent training ha molteplici obiettivi, i principali includono aiutarli ad apprendere strategie per far fronte ai comportamenti problematici del bambino, ma anche incrementare le proprie competenze genitoriali ed educative.
Tale intervento dovrebbe avere come conseguenze principali proprio il miglioramento della percezione delle proprie competenze genitoriali, e anche una generale diminuzione dello stress all’interno dell’ambito famigliare.
I programmi di parent training hanno iniziato a diffondersi perlopiù negli anni Sessanta in America, in seguito, tale intervento ha iniziato a prendere sempre più piede anche nel continente europeo.
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Per quali situazioni è indicato?
Si tratta di un intervento di tipo psicologico, ed è generalmente destinato a genitori i cui figli hanno ricevuto una diagnosi per difficoltà di vario tipo.
Un percorso come il parent training sembra essere particolarmente indicato per alcune situazioni specifiche, come il parent training per ADHD o i programmi di parent training per l'autismo. Coloro che maggiormente hanno beneficiato di questo intervento, sono i genitori di bambini che presentano il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) oppure disturbo oppositivo provocatorio (DOP).
Queste due diagnosi appartengono ai disturbi di tipo comportamentale e spesso si presentano assieme. L’ADHD, in estrema sintesi, è una condizione in cui l’individuo manifesta sintomi che vanno nella direzione della difficoltà di attenzione, oppure un’iperattività e impulsività più frequente e persistente rispetto ai bambini che hanno un livello di sviluppo simile.
Il disturbo oppositivo provocatorio implica che il bambino manifesti frequentemente rabbia e frustrazione da un lato e dall’altro mostri dei comportamenti che appaiono vendicativi e oppositivi.
Altre condizioni in cui l’intervento si è rivelato efficace sono quelle in cui il figlio presentava diagnosi di autismo, disturbi alimentari oppure situazioni di forte ansia e stress.
L’evoluzione negli anni del parent training
Inizialmente, il parent training considerava perlopiù le relazioni intrapsichiche delle madri, in una corrente di pensiero psicodinamica. Un approccio di questo tipo all’intervento risultava tuttavia limitato, in quanto considerava esclusivamente il punto di vista della madre, ignorando una serie di variabili necessarie per aumentare l’efficacia dell’intervento.
In un periodo successivo, si è data sempre maggior importanza alla famiglia intesa come un sistema che interagisce tramite le relazioni dei suoi membri, ma anche con altri sistemi esterni. In questa fase l’ottica non è più psicodinamica ma sistemica.
In seguito, la famiglia con il bambino che manifesta delle difficoltà importanti, smette di essere considerata un agente passivo che subisce la situazione. Al contrario, prende un ruolo attivo in cui dopo aver compreso la situazione ha la possibilità di adattarsi ai cambiamenti ed essere supporto e risorsa per il proprio figlio.
Al momento attuale i programmi di parent training cercano di porre l’attenzione anche sulla relazione che si può creare tra genitori e professionisti. Una relazione positiva di collaborazione e stima reciproca è fondamentale anche in quanto il professionista dovrebbe porsi come mediatore. Egli dovrebbe aiutare i genitori a modificare il loro stile relazionale e lavorare assieme sui comportamenti che potrebbero influire in modo negativo su quelli del bambino.
Quali sono gli obiettivi del parent training?
Gli interventi di parent training sono differenti, ogni programma di lavoro varia a seconda degli obiettivi e dell’autore che lo propone. Anche la durata e le tempistiche dei programmi varieranno sulla base delle esigenze delle diverse situazioni considerate.
L’intervento di parent training avrà dunque una serie di caratteristiche che saranno differenti l’uno dall’altro; tuttavia, alcune linee guida e obiettivi sono comuni a ognuno di questi percorsi.
Nello specifico, gli obiettivi comuni a tutti gli interventi di questo tipo sono:
- il miglioramento della relazione con i propri figli;
- l’incremento di strategie comunicative;
- l’aumento della capacità di analisi delle possibili difficoltà in campo educativo;
- una maggior conoscenza dello sviluppo dei figli e comprensione delle varie tappe;
- la diffusione di metodi educativi che risultano efficaci nella situazione specifica;
- l’aumento di benessere all’interno della vita famigliare.
Quali sono i modelli di parent training?
In letteratura sono due i modelli principali di parent training. Essi si differenziano l’uno dall’altro in quanto hanno due visioni distinte di quale sia il ruolo in particolare dei genitori e del professionista.
Primo modello
Il modello implica che lo psicologo elabori una serie di strategie e programmi che i genitori dovrebbero provare a sperimentare in relazione con i loro figli. In particolare, quando questi ultimi mettono in atto dei comportamenti che risultano problematici.
La critica che la letteratura muove a questo specifico modello è che avendo appreso i genitori delle tecniche specifiche da attuare in momenti precisi, potrebbero trovarsi spaesati di fronte all’emergere di contesti e problematiche che esulano dalla routine. Il limite, in questo caso, sarà legato all’essere eccessivamente vincolati all’opinione dell’esperto
Secondo modello
I genitori in questo secondo modello sono una parte attiva dell’apprendimento. Essi stessi studiano e comprendono come si verifica l’apprendimento nei bambini.
Ciò implica che i genitori avranno la possibilità e la capacità di scegliere loro stessi quali linee di intervento intraprendere. Soprattutto di fronte a comportamenti che non era possibile prevedere.
In questo caso lo psicologo infantile avrà inizialmente un ruolo che ricorda quello di docente, in un secondo momento entrerà maggiormente nel ruolo di supervisore nei confronti dei genitori. Egli diventerà dunque, sempre più, non autore delle attività ma piuttosto un supporto per le stesse.
Questo modello si mostra maggiormente flessibile rispetto al primo, in quanto i genitori oltre alla qualità dell’intervento hanno modo di sentirsi maggiormente efficaci.
Quali sono i tipi di intervento del parent training?
L’intervento di parent training può essere di due tipi. La prima modalità è la consulenza individuale, la seconda è l’intervento di gruppo. Entrambe le modalità sembrano avere diversi benefici.
Nella pratica, di fronte alla modalità individuale i genitori avranno un maggior tempo per confrontarsi con l’esperto riguardo alla situazione specifica del proprio figlio.
Contrariamente, nell’intervento di gruppo il tempo a disposizione va condiviso con tutti i partecipanti, tuttavia, trattandosi di gruppi di genitori che riportano situazioni simili, uno dei benefici è di non sentirsi soli in quella situazione.
La presenza di più partecipanti all’intervento può risultare inoltre stimolante perché rende possibile condividere informazioni e strategie.
Esercizi e strategie del parent training
Naturalmente ogni bambino è unico. Motivo per cui la situazione dovrebbe essere indagata e approfondita per valutare al meglio quali strategie di parent coaching potrebbero essere maggiormente funzionali se adattate a uno specifico bambino.
Tuttavia, è possibile individuare alcuni esercizi e strategie che complessivamente possono essere uno spunto prezioso, soprattutto per i genitori di bambini aventi difficoltà legate al comportamento.
Inizialmente, è importante che l’esperto informi i genitori su ciò che la difficoltà del bambino implica, dei meccanismi e delle emozioni sottostanti. Così facendo, sarà più semplice per il genitore empatizzare con i suoi stati d’animo, sia positivi ma soprattutto negativi.
I comportamenti positivi del bambino vanno notati e valorizzati, i rinforzi dati, dovrebbero essere coerenti e immediati.
Anche le regole vanno date con specifiche modalità, devono infatti essere brevi e chiare, vanno condivise con il bambino e gli obiettivi devono essere per lui raggiungibili.
In alcune occasioni, è naturale che il bambino metta in atto dei comportamenti che risultano poco adeguati. In queste situazioni, di fronte a specifici comportamenti potrebbe essere utile l’utilizzo del Time Out.
Questa strategia implica che di fronte a comportamenti particolarmente gravi, il bambino si dovrà ritirare per alcuni momenti in uno spazio neutro e tranquillo, possibilmente con pochi stimoli. In questo luogo egli potrà prendersi un momento per calmarsi ed elaborare quanto accaduto.
Il bambino deve essere consapevole anche della quantità dei segnali di avvertimento che il genitore gli farà prima di iniziare con il Time Out.
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