Lesioni lievi: uno sguardo

Le lesioni personali, disciplinate dall’art. 582 del Codice Penale, riguardano danni fisici o psicologici causati intenzionalmente o per colpa.

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Lesioni lievi

Le lesioni personali sono un'azione punita dal Codice Penale. L'art. 582 recita infatti:

"Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni".

Bisogna però distinguere tra diversi tipi di lesioni, a seconda della gravità del danno subito dalla vittima. Ricordiamo intanto che per lesioni si intende qualsiasi forma di danno, anche arrecata attraverso privaziono o omissione (es. quando non si fornisce cibo o acqua necessari al sostentamento).

Dividiamo inoltre le lesioni in:

  • lesioni lievi: prognosi di 21-40 giorni;
  • lesioni lievissime: prognosi inferiore ai 20 giorni;
  • lesioni gravi: prognosi superiore ai 40 giorni.


L'entità delle lesioni viene quindi accertata tramite visita medica, che indaga la condizione psicofisica del paziente e quindi i giorni di prognosi.

Ricordiamo che le lesioni personali possono avere gravi conseguenze sulla salute mentale della vittima, che può sviluppare PTSD (Post Traumatic Stress Disorder), e sintomatologia che comprende ansia, tensione, attacchi di panico.

Il colpevole di lesioni può invece essere punito con il carcere, cominciando così un percorso di riabilitazione psicologica che abbia come scopo il reinserimento all'interno della società.

Lesioni lievi: uno sguardo


Le lesioni personali comprendono tutte quelle azioni che recano un danno, psicologico o fisico, ad un'altra persona. Per esempio, se spingendo un soggetto gli arreco un trauma a livello cranico, sono colpevole di lesioni.

L'entità delle lesioni, sarà poi individuata dal medico che si occuperà di fornire la prognosi per la vittima che ha subito le lesioni.

Bisogna distinguere tra due tipi di lesioni:

  • lesioni dolose;
  • lesioni colpose.


Le prime, sono lesioni volontarie: come quando arreco un danno volontariamente e con lo scopo di danneggiare.

Le seconde, invece, non sono volontarie, e avvengono per circostanze occasionali che non sono lo scopo primario della mia azione.

Se le lesioni sono volontarie, possono essere motivate da emozioni come rabbia, aggressività, gelosia, ira, rancore, pregiudizio sociale, razzismo. Si tratta di azioni violente che hanno come scopo il danneggiamento.

Difficile offrire un quadro psicologico di chi compie questa azione criminale, dato che le cause della violenza possono variare anche di molto da caso a caso.

Maltrattamento e lesione lieve


Non di rado, il maltrattamento familiare si accompagna alle lesioni personali. Le due azioni criminose possono quindi essere effettuate in concorso: come quando un marito violento maltratta la coniuge e la colpisce causandole lesioni lievi o gravi.

La violenza familiare è purtroppo molto comune nella nostra società. Una società che, fin dall'antichità, pone la figura femminile in una condizione di inferiorità e asservimento a quella dell'uomo, cioè del capofamiglia.

Questa visione, spesso definita patriarcale, potrebbe essere alla radica del maltrattamento in famiglia e delle lesioni personali in cui il genere è discriminante. L'uomo-padrone, infatti, concepisce la coniuge come di sua proprietà: si riserva allora il diritto di usare violenza per veder soddisfatti i propri desideri.

Ricordiamo che le lesioni in famiglia sono l'ultimo stadio di un percorso di abusi psicologici ed emotivi. Questo percorso, che funziona a spirale, viene spesso chiamato ciclo della violenza. Consigliamo chiunque sia vittima di un coniuge violento di interpellare subito le forze dell'ordine e le autorità competenti.

Effetti psicologici ed emotivi delle lesioni lievi


Le lesioni personali, sia in famiglia che in contesti estranei al nucleo familiare, possono causare gravi danni a livello emotivo e psicologico. Per esempio, possono essere causa di PTSD (Post Traumatic Stress Disorder).

Si tratta di una condizione di intenso disagio psicofisico che segue ad un'esperienza traumatica, come un abuso, una molestia, un'esperienza particolarmente violenta e difficile da metablizzare.

Chi sviluppa PTSD, tende ad avere flashback ricorrenti dell'accaduto, angoscia, irritabilità, sbalzi d'umore, incubi notturni, insonnia, attacchi di panico e altro ancora.

Per guarire dal PTSD, è necessario intraprendere un percorso di terapia cognitivo-comportamentale che individui lo stimolo traumatico, e insegni al paziente a rispondere in maniera più funzionale al pensiero (scenario) di quello stesso stimolo.

Nel lungo periodo, è quindi possibile superare le conseguenze psicologiche delle lesioni personali e tornare a vivere in maniera serena e soddisfacente.

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Federico RussoPsicologo, Psicoterapeuta, Neuropsicologo
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Psicologo e psicoterapeuta con 8 anni di Esperienza. Iscrizione all’Ordine degli Psicologi - Regione Puglia, n° 5048. Laurea in Psicologia clinica e della salute, Università degli Studi di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia presso l'Istituto S. Chiara. Crede che la parte migliore del suo lavoro sia il risultato: l’attenuazione dei sintomi, la risoluzione di una difficoltà, il miglioramento della vita delle persone.
Dott.ssa Martina MiglioreDirettore della Formazione e dello Sviluppo
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Romana trapiantata in Umbria. Laureata in psicologia e specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale. Ex-ricercatrice in Psicobiologia e psicofarmacologia. Visione pratica e creativa del mondo, amo le sfide e trovare soluzioni innovative. Appassionata di giochi di ruolo e cultura pop, li integro attivamente nelle mie terapie. Confermo da anni che parlare attraverso ciò che amiamo rende più semplice affrontare le sfide della vita.
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