La trappola della felicità: come uscirne vivendo una vita piena
La ricerca ossessiva della felicità può portare a un ciclo di insoddisfazione costante, poiché ci si aspetta di essere sempre felici e di evitare qualsiasi emozione negativa.
Passiamo tutta la vita a cercare la realizzazione di una condizione che crediamo essere il punto di arrivo che darà senso alla nostra esistenza: la felicità. Ma siamo sicuri che questo sforzo costante non sia inutile o addirittura controproducente? La trappola della felicità consiste proprio in questo: nel porsi uno stato emotivo come obiettivo, nell’illusione di poter manipolare gli eventi fino a ottenere questo risultato.
Di seguito vedremo qual è la vera via per il benessere grazie ai principi dell’Acceptance and Commitment Therapy (ACT).
La trappola della felicità secondo la ACT
Il capostipite di questo filone è Russ Harris, che in un libro ha teorizzato l’ACT e i suoi principi basilari. Si tratta di un approccio di derivazione cognitivo-comportamentale che viene arricchito anche dal patrimonio delle filosofie e delle discipline meditative orientali. In particolare, il caposaldo di questo tipo di terapia è la mindfulness, che viene concepita come il vero obiettivo. La mindfulness è l’acceptance, l’abilità di accettare la pienezza della propria vita, che deve sempre accompagnarsi all’impegno (il commitment) nel lasciarsi guidare dai propri valori personali per condurre un’esistenza autentica.
Il raggiungimento della felicità, quindi, secondo la ACT, non sarebbe legato a quello di uno stato di beatitudine derivante dall’aver ottenuto tutto ciò che si può desiderare, ma dalla capacità di rimanere nel momento presente e vivere pienamente il qui e ora, con apertura mentale, senza giudicare la bontà o meno di ciò che sta accadendo, ma con curiosità e predisposizione ad accogliere tutte le sensazioni.
Inoltre, viene posto in primo piano anche il valore dell’autenticità: una vita piena viene vissuta inseguendo i propri desideri ma rimanendo fedeli ai propri valori. Saranno questi a guidare i comportamenti dando un senso a ciò che facciamo e a come ci muoviamo nel mondo. La compresenza di questi atteggiamenti riesce a predisporre alla flessibilità, alla prontezza ad accogliere tutto ciò che la vita riserva mantenendo un maggiore benessere emotivo.
Le insidie di un’utopia perfezionista: cadere nella trappola della felicità
La trappola della felicità risalta con chiarezza nel pensiero di Harris: essa risiede nel fatto che la felicità non sia affatto ciò che intendiamo nel senso comune del termine. Molti di noi pensano alla felicità come a un traguardo che, una volta raggiunto, determinerà una vita di successo e benessere, ma si tratta solo di un’illusione. Secondo Harris, infatti, la felicità non è che una delle tante sfumature emotive che possiamo provare e, quindi, facilmente come arriva, può andarsene fugacemente.
Ma in generale tendiamo a condurre le nostre vite seguendo la trappola della felicità: ci attira come un’esca e ci convince che solo raggiungendola daremo un vero scopo alla nostra vita. Ma la verità è che nessuno ci dà la certezza che questo stato d’animo possa essere più durevole di tutti gli altri. Piuttosto che una condizione esterna, la felicità la si può trovare grazie alla disciplina e alla capacità di accettare il flusso emotivo continuo che caratterizza il tempo della nostra esistenza: una vita appagante non è felice nel senso che non ci sono imperfezioni, ma perché siamo in grado di apprezzarne ogni aspetto, anche quelli negativi.
Miti da sfatare sulla felicità
La trappola della felicità viene continuamente alimentata dal senso comune, che dipinge questo stato d’animo come una condizione estatica che, così descritta, appare impossibile da raggiungere, ma non fa altro che alimentare il mito della necessità di ottenerla.
In effetti non siamo predisposti a provare felicità, ed è la stessa scienza a dimostrarlo: il nostro cervello è progettato per accogliere soprattutto l’emozione della paura, indispensabile per la sopravvivenza. Quindi dire che l’uomo è fatto per la felicità non è altro che un’immagine poetica: è un’emozione che sopraggiunge in brevi momenti ma che poi se ne va sena lasciare traccia appena qualcosa la turba. Se dovessimo assegnare una tonalità emotiva prevalente all’esistenza umana, piuttosto, diremmo che è la paura.
Lo dimostra anche il fatto che quasi tutti, in un certo momento della vita, soffrono di una psicopatologia. Questa condizione di sofferenza non è nulla di anomalo, ed è sbagliato pensare di poterla semplicemente controllare per farla passare. Un altro falso mito che nutre il circolo della trappola della felicità, infatti, è che si possano controllare pensieri svalutanti ed emozioni negative e tornare così allo stato di felicità perduto. Non possiamo cancellare queste cose che non ci piacciono, semplicemente perché non possiamo avere il pieno controllo della nostra mente e selezionare emozioni e pensieri.
Ciò che possiamo fare, però, è controllare le nostre azioni e renderle coerenti con il nostro sistema di valori e i nostri desideri. Forse non potremo mai avere la vita dei nostri sogni, ma sicuramente avremo una vita piena e degna di essere vissuta.
La trappola della felicità e il circolo del controllo
Quando abbiamo appena affermato è l’esatto opposto di ciò che ci hanno sempre fatto credere, ovvero che possiamo controllare le nostre emozioni e scacciare quelle negative. In realtà la sana espressione di emozioni come tristezza, frustrazione, rabbia o ansia, viene soffocata da modalità di gestione disfunzionali, che non servono ad altro che a seppellirle e accantonarle per evitare di affrontarle direttamente. Alcuni esempi sono gli abusi di sostanze, le dipendenze comportamentali come quella da gioco d’azzardo e tutti gli altri tentativi di dissociarsi da una realtà scomoda.
Sono strategie che possono momentaneamente dare un senso di sollievo e di appagamento, ma a lungo andare vanno anch’esse fuori controllo e il non poterle mettere in atto innesca crisi sempre peggiori. Tornare alla realtà e fare i conti con essa diventa sempre più difficile, per questo motivo l’unico modo per imparare a gestire emozioni e pensieri negativi non è cercare di fuggire da essi ma accettare la loro esistenza e imparare a stare nel momento presente anche se ciò implica affrontare il dolore che ne deriva.
Il controllo non è una pratica attuabile quando si tratta del nostro mondo interno, dal momento che rischia soltanto di produrre ulteriore disagio. Illudersi che possa essere un metodo vincente non fa altro che rigettarci nella trappola della felicità, consumando molte delle nostre energie e del nostro tempo, risorse che potremmo utilizzare facendo qualcosa che ha davvero un valore per noi.
La mindfulness e l’ACT per uscire dalla trappola della felicità
L’ACT propone una via alternativa per raggiungere la serenità, uscendo dall’idea di dover imporre il controllo sui propri processi mentali e abbracciando i principi da seguire per vivere una vita piena.
Il primo principio da applicare è quello della defusione. Questa consiste nell’operare una revisione dell’importanza che diamo ai nostri pensieri, prendendo consapevolezza del fatto che essi non coincidono con la verità assoluta, ma sono semplicemente un prodotto della nostra mente e che per loro stessa natura sono effimeri: arrivano, sostano per un periodo limitato e se ne vanno. Le nostre azioni, quindi, non dovrebbero essere guidate dai pensieri ma dai nostri valori, che tracciano la via per l’autenticità.
Il secondo step è l’espansione, ovvero la necessità di dare a ciascuna emozione il suo spazio. Questo perché non possiamo continuamente evitare le emozioni negative, o diventeranno davvero ingestibili. L’unico modo per affrontarle riducendone l’impatto è accettare la loro esistenza e viverle sul momento, anche quando fa male.
Il terzo principio coincide con la vera e propria mindfulness, ovvero la connessione al momento presente, senza continuare a rimuginare sul passato e proiettarsi in un futuro angoscioso. L’ancoraggio nel qui e ora deve avvenire con tutti i sensi: questo aiuterà a rendere le emozioni più pacate e meno travolgenti.
A questo punto, il passo successivo sarà quello di assumere la prospettiva esterna di un Sé Osservante, che accetterà tutte le emozioni e i pensieri che si susseguono in modo compassionevole, senza giudicarli. Questo diventerà il punto di vista privilegiato da utilizzare in tutte le situazioni che si dovranno affrontare nella vita.
Un altro principio fondamentale sono i valori che, come abbiamo detto, dovranno essere il vero motore che determinerà comportamenti e azioni. Fermati a riflettere su cosa realmente conta per te, sui principi che senti davvero tuoi e ai quali vuoi essere fedele.
Infine, metti in atto dei comportamenti impegnati, ovvero guidati dai tuoi valori. Saranno azioni calcolate, finalizzate a uno scopo e motivate in maniera profonda. Troverai sicuramente degli ostacoli nel tentativo di raggiungerli, ma se i tuoi valori saranno saldi, saprai affrontarli in modo efficace. Se senti di non essere felice, parlane con un esperto: Serenis può aiutarti attraverso la psicoterapia online.