Il Disturbo Evitante di Personalità: cos'è e come guarire
Esplora il disturbo evitante di personalità: sintomi, cause e opzioni di trattamento. Affronta la condizione con il supporto di professionisti qualificati.

Punti chiave:
- Cos'è il disturbo evitante di personalità: il disturbo evitante di personalità è caratterizzato da inibizione sociale, sentimenti di inadeguatezza e paura intensa di giudizi negativi. Le persone che ne soffrono tendono a evitare le interazioni sociali per timore di essere criticate o rifiutate.
- Sintomi del disturbo: i sintomi principali includono evitamento di attività sociali, paura costante del giudizio altrui, bassa autostima e tendenza a isolarsi. Chi ne soffre può sentirsi inadeguato e incapace di instaurare relazioni significative.
- Guarire dal disturbo evitante di personalità: il trattamento più efficace è la terapia psicologica, in particolare quella cognitivo-comportamentale. Anche la terapia di gruppo e, in alcuni casi, il supporto farmacologico possono aiutare a migliorare l’autostima e a gestire l'ansia sociale.
Cos'è il disturbo evitante di personalità?
Il disturbo evitante di personalità è un disturbo di personalità inserito nel cluster C del DSM-5 insieme a:
- disturbo dipendente di personalità o personalità dipendente;
- disturbo ossessivo compulsivo di personalità.
Chi soffre di disturbo evitante tende essere socialmente inibito ed estremamente sensibile ai giudizi negativi, una condizione che porta a sentire un profondo senso di inadeguatezza nella vita relazionale di tutti i giorni.
Queste persone hanno un enorme timore delle critiche, della disapprovazione altrui e di essere escluse. Con lo scopo di evitare queste esperienze dolorose, possono cercare di trascorrere una vita ritirata che conduce a una esistenza priva di stimoli, con un visibile senso di vuoto e a vivere un senso di inferiorità e di inadeguatezza nei confronti delle altre persone.
Tendenzialmente possono essere individui senza un gruppo di amici e che sul lavoro si mantengono ai margini rinunciando alla carriera, sempre con lo scopo di non essere sottoposti al giudizio altrui. Ma la verità è che desiderano fortemente instaurare delle relazioni, poter avere un partner, condividere esperienze e interessi con gli altri.
Le principali cause del disturbo evitante di personalità
Il disturbo evitante esordisce nella tarda adolescenza e prima età adulta, ma le cause al giorno d’oggi non sono del tutto chiare.
Secondo gli studi condotti fino a questo momento, al suo esordio partecipano fattori di ordine genetico, psicologico (temperamento della persona) e sociale (ambiente nel quale la persona è cresciuta).
Da numerose ricerche è emerso che contribuiscono anche:
- storie di abuso fisico e psicologico;
- rifiuto ed emarginazione nel contesto del gruppo dei pari;
- rifiuto da parte dei genitori;
- precoci esperienze di vita che hanno condotto a un esagerato desiderio di accettazione e a un’intolleranza alle critiche.
I principali sintomi del disturbo evitante di personalità
I sintomi principali del disturbo evitante di personalità sono:
- cercare di non farsi coinvolgere in attività che comportano un significativo contatto interpersonale;
- indisponibilità a interagire con gli altri a meno che non si è certi di piacere;
- mostrarsi frenati nelle relazioni sociali a causa della vergogna e della paura di essere ridicolizzati;
- estrema preoccupazione di essere criticati o rifiutati;
- sentirsi inibiti di fronte a nuove situazioni sociali;
- tendenza a valutarsi socialmente inadeguati, inetti, poco attraenti o inferiori agli altri;
- tendenza a essere riluttanti ad assumere rischi personali o a impegnarsi in nuove attività.
È bene sapere, però, che è possibile riscontrare alcune di queste caratteristiche anche in altri disturbi psicologici. Per questo motivo, per capire se una persona soffre di disturbo evitante di personalità è necessario rivolgersi a persone competenti che possano fare una diagnosi seria e accurata.
Come si manifesta? Come riconoscerlo?
Chi soffre di disturbo evitante di personalità manifesta, quindi, un elevato grado di inibizione e ritiro sociale tenendosi fuori dalle relazioni, a eccezione di quelle abituali e rassicuranti, pur desiderando di avere delle relazioni sociali.
Il loro normale bisogno di avere una vita sociale rimane inespresso, trasformandosi in estremo malessere. Sono quindi spettatori passivi della vita altrui, mentre nelle situazioni di coppia non riescono a trovare elementi di condivisione con l’altro.
Quando si confrontano con gli altri vivono il disagio della sensazione di non essere visti, di non essere considerati, come se fossero persone di poco valore. Si sentono incapaci, infatti, di fare e mantenere un discorso poiché sono convinti di non avere nulla di interessante da dire agli altri e di non essere nemmeno attraenti.
L’evitamento può strutturarsi, perciò, come un comportamento autoprotettivo, non sviluppando quelle risorse e abilità necessarie nelle relazioni sociali.
Per sentirsi gratificati, anche se momentaneamente, coltivano interessi e attività solitarie come la lettura, ossia tutto ciò che non implica necessariamente un contatto con gli altri. In alcuni casi possono ricorrere anche all’uso di sostanze, in particolare dell’alcol, per sedare il malessere interiore. Nei casi più gravi è possibile che questo stile di vita monotono contribuisca allo sviluppo della depressione.
Quando riescono a stabilire una relazione, tendenzialmente assumono un atteggiamento sottomesso per il timore di perdere la persona che hanno accanto e di ritornare a essere soli. Con il passare del tempo, il pericolo è che tale situazione possa indurre a reazioni di rabbia non sempre controllate.
Test: come capire se si soffre del disturbo evitante di personalità
Se hai il dubbio di essere una persona con un disturbo evitante di personalità, o di avere accanto qualcuno che ne soffre, a tua disposizione ci sono diversi test per capirlo. Tra questi c’è la SCID-5-PD (APA, 2013), uno strumento clinico fondamentale per l’indagine di affetti, cognizioni e comportamenti ricorrenti e stabili che aiuta ad avere una diagnosi di disturbo di personalità.
Un altro test valido è l’MMPI-2 (Terenzi, 2017), che aiuta a identificare la presenza di sintomi psicopatologici e determinare la gravità, approfondire aspetti della personalità, valutare le caratteristiche strutturali della personalità e i disordini di tipo emotivo.
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La diagnosi del disturbo evitante
Come riporta il DSM, la diagnosi del disturbo evitante di personalità avviene accertando la presenza di almeno 4 dei seguenti sintomi nella prima età adulta:
- evitare attività lavorative con interazioni sociali per paura di critiche o rifiuti.
- relazionarsi solo con persone di cui sono certi dell'accettazione.
- essere riservati nelle relazioni strette per timore di umiliazioni.
- avere una forte ansia di essere criticati o rifiutati in contesti sociali.
- sentirsi inadeguati e si bloccano in nuove situazioni.
- percepirsi come incapaci, poco attraenti o inferiori agli altri.
- evitare rischi e nuove esperienze per paura di essere umiliati.
Come guarire dal disturbo evitante di personalità
Fino a questo momento sono stati effettuati pochi studi per valutare l’efficacia clinica dei diversi protocolli terapeutici. Ciò che non toglie che è possibile guarire o aiutare chi ne soffre.
A rivelarsi efficaci nella cura di questo disturbo sono i trattamenti psicoterapeutici individuali e di gruppo con caratteristiche supportivo-espressive. L’obiettivo di queste terapie è regolare empaticamente l’imbarazzo e l’umiliazione del paziente quando si trova in situazioni sociali.
Le modalità terapeutiche utilizzate sono spesso associate a strategie comportamentali e di skill training, poiché possono migliorare l’autostima dei pazienti.
Ad aiutare può essere anche la terapia di gruppo, sebbene nelle prime fasi del trattamento non bisogna trascurare un approccio psicoterapeutico individuale per evitare i livelli elevati di ansia che le prime sedute di gruppo potrebbero generare.
Durante alcune fasi del trattamento, il medico potrebbe decidere di fare ricorso anche a dei farmaci, ma sempre in combinazione con altri interventi.
A livello generale, il disturbo evitante sembra rispondere abbastanza bene alla terapia cognitivo-comportamentale a medio-lungo termine che aiuta a mostrare eventuali strategie per affrontare le situazioni temute mediante tecniche comportamentali.

Quando rivolgersi a psicologo e psichiatra
I disturbi di personalità sono "egosintonici", ossia risultano in armonia con i sentimenti della persona e coerenti con l’immagine che si ha di sé. Per questo motivo, potrebbe risultare molto difficile che i pazienti affetti da un disturbo di personalità accedano di loro spontanea volontà ai servizi di igiene mentale o agli studi privati. In tali casi, partner, parenti e amici dovrebbe invitare gentilmente la persona con disturbo evitante di personalità a farlo. Del resto, smettere di soffrirne è davvero possibile, oltre a essere necessario per condurre una vita di qualità migliore. Per questo, ma anche per altri motivi, la soluzione vincente è rivolgersi a degli esperti.
Su Serenis, per esempio, è possibile trovare un supporto psicologico grazie a un team di psicoterapeuti online pronti a fornire nuovi strumenti per combattere il disturbo evitante di personalità: Serenis ha solo psicologi esperti e te ne assegna uno adatto alla tua situazione, con cui farai una prova gratuita e inizierai un percorso (e se per qualche motivo non entri in sintonia, puoi richiedere un terapeuta diverso con un clic).
Disturbo evitante di personalità: testimonianze
Trattare e guarire dal disturbo evitante di personalità è possibile come testimoniano le parole di alcuni pazienti.
Marco, di 36 anni, ci ha raccontato che: “Convivo fin dall’adolescenza con questo disturbo, soffro di ansia, ruminazione costante e di sintomi quali timidezza sociale, paura del giudizio, senso di inadeguatezza, paura di sbagliare, di cadere in imbarazzo, bassa autostima, ipervigilanza nelle relazioni sociali. Ora sto facendo una terapia, ma fino a prima di iniziare la mia vita è stata pesantemente condizionata da questo problema. Adesso che ho iniziato un trattamento cognitivo comportamentale sto facendo grandi passi avanti sotto l'aspetto dell'ansia e della gestione delle emozioni, ma fatico ancora molto in altri aspetti legati alla personalità. Devo solo tenere duro e continuare così, perché so che posso guarire”.
Fonti:
- Paap, M., Heltne, A., Pedersen, G., Germans Selvik, S., Frans, N., Wilberg, T., & Hummelen, B. (2021). More is more: Evidence for the incremental value of the SCID-II/SCID-5-PD specific factors over and above a general personality disorder factor. Personality Disorders: Theory, Research, and Treatment;
- Sharf, A. J., Rogers, R., Williams, M. M., & Henry, S. A. (2017). The effectiveness of the MMPI-2-RF in detecting feigned mental disorders and cognitive deficits: A meta-analysis. Journal of Psychopathology and Behavioral Assessment, 39(3), 441-455;
Weinbrecht, A., Schulze, L., Boettcher, J., & Renneberg, B. (2016). Avoidant personality disorder: a current review. Current psychiatry reports, 18(3), 1-8; - Kivi, R. (2017, April 20). Avoidant Personality Disorder. Healthline. https://www.healthline.com/health/avoidant-personality-disorder
- Zimmerman, M. (2023, September 12). Disturbo evitante di personalità. Manuali MSD Edizione Professionisti.