Defusione cognitiva: di cosa si tratta?
La defusione cognitiva è un approccio della terapia cognitivo-comportamentale che aiuta a distanziarsi dai propri pensieri, trattandoli come eventi mentali piuttosto che realtà definitive, riducendo così il loro impatto emotivo e comportamentale.
La nostra mente è costantemente impegnata a raccontare storie, intrecciando pensieri, immagini, ricordi ed emozioni che plasmano la nostra percezione di noi stessi e del mondo. La defusione cognitiva ci insegna a osservare i nostri pensieri come eventi mentali, senza lasciarci sopraffare dalle loro implicazioni emotive. Vediamo meglio di cosa si tratta in questo articolo.
Cos'è la defusione cognitiva?
La defusione cognitiva è uno dei sei processi che utilizza l’ACT (Acceptance and Commitment Therapy, o Terapia dell’Accettazione e dell’Impegno) per promuovere la flessibilità psicologica. Questo processo permette di distanziarsi dai propri pensieri e dalle proprie immagini mentali, specialmente da quelli vissuti come disturbanti o disfunzionali, per ampliare il proprio repertorio emotivo e comportamentale.
Fusione cognitiva VS Defusione cognitiva
Quando crediamo fortemente in un pensiero, siamo in uno stato di fusione con esso. Attraverso la defusione cognitiva, invece, si impara a riconoscere i propri pensieri – specie quelli che più ci creano fastidi e disagi – per quello che sono: parole, frasi che la nostra mente ci ripete di continuo e che non dobbiamo per forza prendere per veri (ad esempio pensieri che spesso ci rivolgiamo in determinate situazioni, “Io sono una/un perdente”, “Non ce la farò mai” ecc.). Possiamo lasciare che la nostra mente ci parli, come una radio in sottofondo, senza doverla per forza ascoltare, o doverle assolutamente ubbidire.
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Fusione cognitiva: la mente che racconta storie
La mente tenta di proteggerci da ciò che per noi rappresenta un pericolo; è tutto funzionale all’evoluzione e alla sopravvivenza, ma in alcuni casi può generare un’inversione nella direzione della sofferenza psichica.
Questo accade quando la mente inizia a proiettare soluzioni a problemi futuri che potrebbero non manifestarsi mai o che sono basati su convinzioni distorte su noi stessi o sugli altri.
Le previsioni di eventi negativi o idee di fallimento diventano narrativi interni, storie che la mente racconta continuamente. Queste storie possono portare a comportamenti disfunzionali come:
- evitamenti,
- rinunce,
- tentativi rigidi di controllo,
- una generale rigidità nel modo di affrontare le sfide della vita quotidiana.
Qual è l'obiettivo della defusione cognitiva?
È importante ricordarsi che pensieri ed emozioni – negativi e positivi – non si possono controllare. Si possono però accettare ed imparare a gestire. Il fine della defusione cognitiva, infatti, non è di fuggire dai pensieri, dal provare a controllarli o dallo scacciare i pensieri negativi, né tantomeno quello di trasformarli a tutti i costi in pensieri positivi.
Il fine della defusione è quello di normalizzare i pensieri negativi (che tuttǝ noi possiamo avere su noi stessǝ, sul mondo, sul futuro) e di imparare a convivere con loro in modo sano, senza per forza ascoltarli, specie quando ascoltarli significa allontanarci dalla direzione che vogliamo prendere nella nostra vita e dalla persona che vogliamo essere.
Fuga e lotta
La nostra mente, con i pensieri che più ci infastidiscono, solitamente adotta due diverse strategie di controllo, che promettono un aiuto istantaneo e a breve termine ma che alla lunga possono risultare assai deleterie: strategie di fuga, come nascondersi, distrarsi, estraniarsi dal pensiero, e strategie di lotta, come reprimere, dominare, discutere con i propri pensieri.
Queste strategie, invece che dare un beneficio, possono creare un effetto paradosso ed intensificare in realtà i pensieri disfunzionali, come può accadere ad esempio nei disturbi ossessivo-compulsivi, dove i rituali e le compulsioni vengono attuate per mettere a tacere i pensieri ossessivi con il risultato di, invece, aumentare il controllo maniacale su di essi.
Accettazione ed impegno in terapia
L’Acceptance and Committment Therapy (la cui traduzione letterale sarebbe Terapia dell’Accettazione e dell’Impegno, ed il cui acronimo è ACT; Hayes et al., 1999) fa parte della Terza Generazione di terapie cognitivo-comportamentali.
L’ACT è incentrata non tanto sull’insegnamento di tecniche per il raggiungimento della felicità o del benessere come comunemente intesi, bensì sulla riduzione della lotta contro emozioni e pensieri problematici, sulla diminuzione dell’evitamento di situazioni che crediamo pericolose e sul ricongiungimento del nostro corpo e della nostra mente con il momento presente (Hayes, 2010).
Il traguardo da raggiungere è quel concetto chiamato flessibilità psicologica, uno stato di elasticità mentale che permette alla persona di vivere la propria vita coerentemente a come desidererebbe viverla (Wilson e DuFrene, 2010).
La flessibilità psicologica si può potenziare attraverso sei principi, che in ACT costituiscono l’hexaflex, cioè l’esagono della flessibilità psicologica: defusione, accettazione, contatto con il momento presente, sé osservante, valori, azione impegnata.
Quando si utilizza la defusione cognitiva?
La defusione cognitiva in terapia viene quindi impiegata specialmente con i pazienti che sentono di essere fin troppo fusi con i propri pensieri. Questa tecnica si basa sull’assunto, condiviso da tutte le correnti di psicologia cognitivo-comportamentale, che alla radice dei problemi psicologici ci sia essenzialmente un problema di linguaggio.
La defusione è un letterale cambiamento di prospettiva, in cui si diventa “osservatori” dei propri processi di pensiero. Contrariamente però alla ristrutturazione cognitiva, altra tecnica utilizzata nella CBT (Terapia Cognitivo-Comportamentale), in cui si mette in discussione il pensiero e lo si modifica, con la defusione cognitiva viene dato loro modo di esistere senza che ciò alteri la quotidianità della persona.
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Esercizi di defusione
«STO AVENDO IL PENSIERO…»
Prova a richiamare alla mente un pensiero che ti disturba, ad esempio “io non valgo abbastanza”, “io sono incompetente”, ecc., meglio se è un pensiero ricorrente che di solito ti infastidisce o ti preoccupa. Ora per circa dieci secondi concentrati su questo pensiero e cerca di convincertene il più possibile. Fatto ciò, prendi quel pensiero e mettici davanti la frase “Sto avendo il pensiero…”. Ripetilo, facendolo precedere da questa locuzione. Pensa: “Sto avendo il pensiero di non valere abbastanza”. O ancora, “Noto che sto avendo il pensiero di non valere abbastanza”. Dopo averlo fatto, probabilmente ti sarai accortǝ di aver preso un po’ di distanza dal pensiero iniziale, come se avessi fatto un passo indietro, limitandoti ad osservare quel pensiero.
RINGRAZIARE LA MENTE
Quando il solito pensiero che ti turba inizia a comparire, tu, dopo averlo notato come un semplice pensiero (puoi anche annotarlo se ti riesce meglio), ringrazia la tua mente. “Grazie, mente, per avermelo fatto presente!”, con affetto, come se fosse una vecchia amica che ti racconta l’ennesima storia che conosci a memoria. Ringrazia la tua mente e accogli quello che dice come se fosse un semplice racconto.
DAI UN NOME ALLE TUE STORIE
Parlando di racconti, potrai far caso al fatto che la tua mente, che non cessa mai di raccontare, predilige di solito una, al massimo due o tre storie, che ricorrono spesso. Sempre ricordandoci che lo scopo della defusione è di allontanarci momentaneamente dal significato che ha per noi quel determinato pensiero, dai un nome alle tue storie e ripetiti frasi come “Ecco di nuovo la famosa storia dell’“Io sono X”!”.
Defusione e mindfulness
Sia la defusione che la mindfulness sono due principi fondamentali per raggiungere la flessibilità psicologica nell’ACT. Se la defusione cognitiva ci aiuta a prendere le distanze dai pensieri che ci infastidiscono maggiormente, la mindfulness è utile per agganciarci di più al momento presente.
La parola mindfulness indica prendere deliberatamente consapevolezza della tua esperienza nel momento presente con apertura, ricettività e interesse. È un processo cosciente, non è un processo di pensiero: riguarda la nostra consapevolezza e come riusciamo a portarla nel momento presente, portando attenzione a ciò che succede nel qui ed ora.
Con mindfulness e defusione ci connettiamo col mondo invece di farci prendere dai nostri pensieri. Possiamo sì vederli, i nostri pensieri, ma prenderli per ciò che sono e lasciarli andare. I pensieri sono parole che la nostra mente ci dice. Le nostre emozioni, quando siamo mindful, sono libere di esistere e non vengono scacciate o nascoste. Siamo profondamente connessi con la nostra esperienza presente.
Bibliografia
- Hayes, S. C., Strosahl, K., Wilson, K. G., ACT: teoria e pratica dell’Acceptance and Commitment Therapy, a cura di Cesare Maffei, (2013) Ediz. Raffaello Cortina
- Hayes, S.C., Smith S., Smetti di soffrire, inizia a vivere, a cura di Paolo Moderato (2013), Ediz. Franco Angeli
- Wilson, K., Dufrene T., Quando tutto sembra andare di male in peggio, (2012) Ediz. Franco Angeli
- Harris R. La Trappola della Felicità, a cura di Giovambattista Presti, (2010) Ediz. Erickson.
- Zorn, J., Abdoun, O., Sonié, S., & Lutz, A. (2021). Cognitive Defusion Is a Core Cognitive Mechanism for the Sensory-Affective Uncoupling of Pain During Mindfulness Meditation. Psychosomatic medicine, 83(6), 566–578.