Criminalità giovanile e baby gang
La criminalità giovanile in Italia ha registrato un aumento del 15% negli ultimi dieci anni, con un incremento di episodi di violenza attribuiti a baby-gang. Questi gruppi di giovani commettono reati come rapine e aggressioni, espressione spesso di disagi familiari o sociali.
In Italia, è stato segnalato un calo dei reati violenti negli ultimi dieci anni. Eppure, il tasso di criminalità minorile, dal 2010 fino ad oggi è aumentato del 15%. Le motivazioni potrebbero essere molte, e sembrano legarsi a doppio filo alla cultura che i giovani introiettano a partire dall'ambiente scolastico, familiare, dalla televisione e dai social media.
In questo contesto, come mai prima d'ora, le città italiane appaiono segnate dalla presenza di baby-gang: gruppi di giovani e, talvolta, di giovanissimi, che terrorizzano la città con rapine, risse, vendita di stupefacenti e altri reati violenti o legati alla droga.
Pochi mesi fa, ha fatto scalpore il caso del trapper Shiva: accusato di aver ferito, con un'arma da fuoco, due coetanei che gli avevano teso un agguato. E lo stesso discorso potrebbe valere per molti altri esponenti della scena musicale del genere trap: alcuni di questi cantanti, hanno infatti alle spalle reati per rapina a mano armata, rissa e tentato omicidio.
Ma perché la criminalità giovanile è in aumento? E da cosa è giustificata, oggi come nel passato, l'aggressività e la violenza dei più giovani?
Criminalità giovanile e aggressività
Le baby-gang sono gruppi di giovani o giovanissimi che si uniscono in bande per mettere in atto azioni criminali. Non di rado, questi giovani provengono dalle periferie, ma l'estrazione sociale non sembra essere un fattore discriminante nel fenomeno della criminalità giovanile.
Piuttosto che l'estrazione sociale, è la condizione familiare a spingere i più giovani verso la violenza. Tale condizione può essere segnata dalla presenza di figure genitoriali a loro volta violente, assenti, aggressive, dedite all'abuso di alcolici o stupefacenti (com'è ovvio, queste figure possono esistere in famiglie segnate dal disagio economico come in famiglie benestanti o del ceto medio).
In questi casi, l'aggressività dei giovani appare come un chiaro caso di acting-out: una forma di espressione che tende a esternare il disagio emotivo e psicologico sottoforma di azione violenta.
Casi di acting-out possono essere:
- rompere oggetti quando si è arrabbiati;
- autolesionismo;
- uso di sostanze per placare il dolore;
- autolesionismo;
L'acting-out è quindi un tentativo disfunzionale di esprimere un disagio profondo, che non si è in grado di verbalizzare e di esprimere in maniera sana e tesa verso un obiettivo di crescita.
Fenomenologia della violenza
Le baby-gang, si avventurano spesso nel centro città per effettuare rapine (telefoni, gioielli, addirittura giacche). Come detto, l'obiettivo principale di queste azioni non è il guadagno economico, bensì l'espressione di una sofferenza interiore.
Molti giornali, ultimamente, hanno accusato la musica trap di instillare nei ragazzi una mentalità aggressiva e dedita all'abuso fisico ed emotivo. Questa musica presenta infatti testi violenti, spesso misogini e che esaltano lo stile di vita di strada.
Eppure, la musica non è l'unica colpevole: se i giovani esprimono il disagio attraverso l'aggressività, è perché non dispongono dei mezzi per fare altrimenti. In questo contesto, le scuole dovrebbero svolgere un ruolo di sensibilizzazione verso le problematiche di salute mentale. Quelle stesse problematiche che, nel contesto della crisi della società contemporanea, colpiscono sempre più giovani e adulti senza grosse distinzioni.
La capacità di entrare in contatto con il proprio disagio, senza esprimerlo attraverso l'aggressività, passa in secondo luogo per la coltivazione dell'intelligenza emotiva. Una dote che consente di riconoscere e conoscere il proprio vissuto interiore, così da utilizzarlo per un miglioramento significativo della qualità della vita.
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Intelligenza emotiva e violenza
Esprimere la sofferenza attraverso l'aggressività è un comportamento tipico dei più giovani. Un comportamento che spesso deriva dall'incapacità di riconoscere le proprie emozioni, di comprenderne la finalità e di rapportarsi ad esse affinché quella finalità sia rispettata.
Facciamo un semplice esempio:
- se vivo una condizione familiare di disagio;
- potrei sperimentare tristezza;
- dato che la tristezza è però fonte di dolore;
- sono portato ad esprimerla attraverso la rabbia.
In questo caso, la tristezza è un'emozione naturale (l'emozione che, qualsiasi persona, sperimenterebbe di fronte ad un genitore assente o alcolizzato); mentre la rabbia è un'emozione parassita, che funge da meccanismo di difesa e da espressione disfunzionale dell'emozione naturale.
Ora, il meccanismo di difesa è qui piuttosto subdolo. Fornisce infatti l'impressione di gestire la tristezza e di evitare il dolore emotivo, mentre non fa altro che acuire il profondo disagio che andrà infine a scaricarsi attraverso una sintomatologia somatoforme o con disturbi dello spettro ansioso.
Ecco perché è tanto importante sensibilizzare i giovani su tematiche quali l'intelligenza emotiva e la capacità di esprimere correttamente le proprie emozioni, affinché un disagio familiare o sociale non si trasformi prima o poi in una psicopatologia conclamata.
Criminalità giovanile e psicoterapia
La criminalità giovanile è un fenomeno complesso spesso radicato in contesti di disagio familiare, sociale e psicologico. I giovani coinvolti in atti violenti, come quelli delle cosiddette "baby-gang", manifestano non solo una ribellione verso l'autorità, ma anche un profondo bisogno di esprimere emozioni inespresse, come rabbia, frustrazione o tristezza.
La psicoterapia può svolgere un ruolo fondamentale, aiutando i ragazzi a elaborare il proprio disagio e sviluppare una maggiore consapevolezza emotiva. Interventi terapeutici focalizzati sull’intelligenza emotiva, sulla gestione della rabbia e sul supporto familiare possono contribuire a ridurre comportamenti aggressivi e promuovere un percorso di crescita positivo.
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