Cinema e psicologia: i film come strumento terapeutico

Scopri come il cinema può essere utilizzato come strumento terapeutico, esaminando l'incrocio tra il mondo cinematografico e la psicologia.

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cinema e psicologia

Il ruolo catartico degli attori dei film

Per comprendere al meglio il ruolo del cinema nei nostri processi psicologici, possiamo partire dagli effetti che già il teatro aveva nella mente del pubblico: le aspettative catartiche degli spettatori venivano proiettate sui protagonisti, riuscendo a portare una sorta di liberazione e consapevolezza che ne alleggerivano le coscienze.

Come possono i film fungere da strumento terapeutico?

Nel cinema, è stato dimostrato a livello neuroscientifico come il sistema video produca un’attivazione ancora più forte rispetto al teatro: questo processo di identificazione crea un forte legame emotivo e riesce a far provare agli spettatori una profonda empatia e una grande consapevolezza, nel momento in cui vengono mostrate e trasmesse le emozioni dei personaggi.

La teoria della mente e la psicologia dei film

La teoria della mente, sviluppata a partire dal 1978, illustra proprio la capacità umana di riconoscere e descrivere i propri stati mentali, le proprie emozioni e quelle altrui: i personaggi di un film possono avere un ruolo molto importante nell’attivare questi processi psicologici di consapevolezza ed empatia.

Le attivazioni psicologiche dovute ai film

Il cinema può avere un ruolo all’interno delle dinamiche interpersonali, intergenerazionali e intrapersonali. Può essere una fonte di confronto e una modalità di comunicazione all’interno di una famiglia, ma può anche aiutare a identificarsi con personaggi nei quali si ritrova un simile vissuto familiare: un adolescente che sperimenta emozioni forti e non ha contesto in cui parlarne può usare il cinema come un primo strumento per avvicinarsi alla consapevolezza delle proprie emozioni.

Questa attivazione non ha gli stessi effetti e non è la stessa in ogni persona: la distinzione più netta è certamente quella tra adulti e bambini.

Negli adulti l’attivazione è principalmente “positiva”: tocca aspetti quali empatia, ragionamento e consapevolezza, pur non essendo identica per ognuno, dato il forte legame tra attivazione, contesto e vissuto personale.

Anche davanti a contenuti “negativi”, per gli adulti è molto importante il vissuto e il contesto: alcuni provano ribrezzo, altri curiosità, ci sono soglie diverse di attivazione in base al proprio vissuto e al profilo di personalità, ma non c’è alcuna omogeneità.

E per i bambini?

I bambini hanno invece una grande neuroplasticità: la loro struttura e le loro interconnessioni cambiano rapidamente, mentre hanno una comprensione limitata o nulla del contesto e del loro vissuto. Per questo motivo, soprattutto nel caso di scene violente, si attivano molto più facilmente le aree cerebrali deputate all’ansia e all’angoscia.

Con l’aiuto dei genitori nella comprensione di certe scene o di certi film, si può passare da un’attivazione “negativa” e destabilizzante nei bambini a un’attivazione “positiva”, consapevole, che riesce a veicolare i contenuti in maniera relazionale ed empatica e porta a uno sviluppo sano.

Un esempio a questo riguardo è il cartone animato Inside Out, che rappresenta un’importante fonte di crescita a livello di consapevolezza emotiva se adeguatamente spiegato ai bambini.

La funzione sociale dei film

Le funzioni psicologiche del cinema si possono estendere anche a livello sociale: possiamo parlare ad esempio alla funzione divulgativa di quei film che trattano di malattie rare, instillando la capacità di empatizzare con persone più fragili o immerse in contesti sconosciuti.

In questo senso, possiamo citare alcune pellicole significative:

  • Still Alice è un film del 2014 basato sull’omonimo romanzo, scritto dalla neuroscienziata Lisa Genova, che racconta la storia di una donna affetta dal morbo di Alzheimer, con un particolare focus sull’impatto della malattia sulla famiglia della protagonista;
  • La custode di mia sorella, del 2009, tratta in maniera molto forte il percorso di una bambina malata di leucemia e la sua situazione familiare;
  • L'olio di Lorenzo, tratto da una storia vera, pone l’accento su una rarissima malattia degenerativa e sulla battaglia portata avanti dai genitori di Lorenzo;
  • Qualcuno volò sul nido del cuculo, che vinse 5 premi Oscar nel 1976, ha contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica sul trattamento riservato ai degenti degli ospedali psichiatrici, spesso trattati in modo disumano ed esageratamente stigmatizzati.

Il cinema può quindi diventare un ottimo strumento terapeutico, se usato in maniera adeguata e consapevole. Già dalla fine degli anni ‘70 nacque la cinematerapia, una metodologia specifica che utilizza il potere evocativo dei film per stimolare lo sviluppo dei pazienti. 

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Fonti

  • Berra L., Cattorini P. M., Sordini A., Moretti A., Novara E., Anderlini, B., Nuova Rivista di Counseling Filosofico/18: La Vita, Cineterapia, Dialogo Socratico, la dimensione affettiva, un approccio esistenzialista alla comprensione della vita, Vol. 18, ISFiPP Edizioni, 2022;
  • Bruzzone D., Benessere emotivo e ricerca di senso nei contesti lavorativi: percorsi di formazione attraverso il cinema, 2018, 126-139;
  • Carbone P., Cottone M., Eusebio M. G., Cinema, adolescenza e psicoanalisi. Comprendere gli adolescenti per aiutarli a comprendersi, 2013;
  • Dudai Y., The cinema-cognition dialogue: a match made in brain, Frontiers in Human Neuroscience, 2012, 6, 248;
  • Gallese V., Guerra, M., The empathic screen: Cinema and neuroscience, Oxford University Press, 2019;
  • Gonçalves L. L., Aversi-Ferreira T. A., Use of the movie “Lorenzo’s Oil” for didactic purposes in neuroscience and others health fields, Dementia & Neuropsychologia, 2020, 14(1): 7-13;
  • Migliozzi M., Cancro e cineterapia;
  • Sabatino A. C., Saladino V., Verrastro, V., Cinema terapeutico. Linguaggi audiovisivi e percorsi clinici, Biblioteca di testi e studi, Carocci, Roma, 2020;
  • Statilani V., Meccanismi di esplorazione visiva durante l’osservazione di monologhi a contenuto emotivo, 2017 (Bachelor’s thesis, Università di Parma. Dipartimento di Neuroscienze);
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Domenico De DonatisPsichiatra e Direttore Sanitario
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Domenico De Donatis è un medico psichiatra con esperienza nella cura dei disturbi psichiatrici. Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Parma, ha poi ottenuto la specializzazione in Psichiatria all'Università Alma Mater Studiorum di Bologna. Registrato presso l'Ordine dei Medici e Chirurghi di Pescara con il n° 4336, si impegna a fornire trattamenti mirati per migliorare la salute mentale dei suoi pazienti.
Dott.ssa Martina MiglioreDirettore della Formazione e dello Sviluppo
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Romana trapiantata in Umbria. Laureata in psicologia e specializzata in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale. Ex-ricercatrice in Psicobiologia e psicofarmacologia. Visione pratica e creativa del mondo, amo le sfide e trovare soluzioni innovative. Appassionata di giochi di ruolo e cultura pop, li integro attivamente nelle mie terapie. Confermo da anni che parlare attraverso ciò che amiamo rende più semplice affrontare le sfide della vita.
Federico RussoPsicologo, Psicoterapeuta, Neuropsicologo
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Psicologo e psicoterapeuta con 8 anni di Esperienza. Iscrizione all’Ordine degli Psicologi - Regione Puglia, n° 5048. Laurea in Psicologia clinica e della salute, Università degli Studi di Chieti. Specializzazione in Psicoterapia presso l'Istituto S. Chiara. Crede che la parte migliore del suo lavoro sia il risultato: l’attenuazione dei sintomi, la risoluzione di una difficoltà, il miglioramento della vita delle persone.
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