Anoressia neonatale: cos'è e cosa fare
L'anoressia neonatale è una forma di anoressia infantile. Scopriamo come si manifesta, quali sono i suoi sintomi e le sue conseguenze.
Anoressia neonatale: di cosa si tratta?
Secondo la Classificazione diagnostica della salute mentale e dei disturbi dello sviluppo dell'infanzia l'anoressia neonatale è una forma di anoressia infantile (IA) che si verifica quando il bambino manifesta:
- appetito limitato: rifiuta di mangiare quantità adeguate di cibo per almeno 1 mese e mostra deficit di crescita, non comunica di avere fame e non mostra interesse per il cibo;
- assunzione selettiva: rifiuta il cibo indipendentemente dalla presenza di eventi traumatici o malattie;
- paura di nutrirsi: rifiuto di assaggiare cibi nuovi e paura di soffocare, vomitare o stare male a causa del cibo.
L'assunzione di nutrienti è determinante nella prima infanzia e rappresenta una finestra critica per la crescita fisica e lo sviluppo neurologico del bambino con effetti sul lungo termine. Bisogna però distinguere il processo di alimentazione dal concetto di mangiare. Quando si parla di alimentazione si fa riferimento all'interazione tra un bambino e chi si prende cura di lui mentre il termine mangiare comprende azioni riguardanti l'assunzione di nutrienti eseguite dal bambino in autonomia. Il processo di alimentazione dei bambini piccoli dipende principalmente dai loro genitori o da chi si prende cura di loro. Secondo gli studi attuali circa il 20%-30% dei neonati e dei bambini piccoli tende ad avere problemi legati all'alimentazione che aumentano il rischio di squilibrio nutrizionale e mancato o ritardato sviluppo fisico. Secondo Levine et al. (2011) quando si parla di difficoltà di alimentazione si fa riferimento in modo generico a tutti i problemi di alimentazione che influiscono sul processo di somministrazione del cibo al bambino indipendentemente dall'eziologia, dalla gravità o dalle conseguenze tra cui:
- alimentazione notturna: ad esempio nutrire un neonato mentre dorme perché il bambino rifiuta di assumere cibo mentre è sveglio;
- alimentazione persecutoria: tentativi costanti di nutrire un bambino contro la sua volontà e di offrire cibo anche se il bambino rifiuta di mangiare;
- alimentazione forzata: dare da mangiare a un bambino con la forza aprendogli la bocca;
- alimentazione meccanicistica: nutrire un bambino a orari regolarmente programmati con una data quantità esatta di cibo o latte artificiale a ogni pasto indipendentemente dai suoi segnali di fame o sazietà;
- distrazione condizionale: il bambino non mangia e non è interessato al cibo senza una distrazione come TV, video o giocattoli.
Di recente il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-V) ha inserito i disturbi dell'alimentazione della prima infanzia sotto il termine generico di Disturbo Evitante Restrittivo dell'Assunzione di Cibo (ARFID). Secondo il DSM-V i sintomi dell'ARFID sono:
- una perdita di peso significativa o un peso di molto inferiore a quello previsto per età e statura;
- carenza nutrizionale;
- dipendenza da integratori alimentari o nei casi più gravi da un sondino per l'alimentazione;
- il disturbo non è dovuto a limitazioni nella disponibilità di cibo e non è correlato ad altre condizioni mediche.
Diagnosi di anoressia neonatale
Nella pratica clinica per effettuare la diagnosi di anoressia neonatale o di anoressia infantile a 1 anno di vita questi sintomi devono perdurare da più di 1 mese e l'età di insorgenza deve essere inferiore ai 2 anni. L'anoressia neonatale è un fenomeno che può destare molta preoccupazione nei genitori soprattutto nei primi mesi di vita di un bambino. Questa condizione può manifestarsi sin dai primi giorni di vita rendendo molto complesso l'allattamento.
È importante chiarire che l'anoressia neonatale non deve essere confusa con l'anoressia nervosa in quanto nel neonato non è presente il criterio che definisce il rifiuto del cibo per paura di ingrassare o una percezione alterata del proprio corpo. Anoressia e bulimia e altre forme di disturbi del comportamento alimentare (DCA) come l'anoressia atipica sono invece condizioni patologiche che colpiscono a partire dalla seconda infanzia e adolescenza e si caratterizzano per una componente psicologica specificamente legata al rapporto con la propria immagine corporea.
Un aspetto controverso su cui è ancora necessario indagare riguarda la difficoltà diagnostica nell'individuazione dei criteri per definire l'anoressia neonatale. Sappiamo infatti che rifiuto del cibo, scarsa alimentazione e altri sintomi somatici quali vomito e ritardo della crescita si riscontrano sia nei disturbi dell'alimentazione infantile che in altre condizioni mediche curabili. Le attuali classificazioni diagnostiche per la diagnosi di anoressia infantile a 1 anno di età sono complesse e difficili da applicare nella pratica quotidiana e questo può portare a una sottodiagnosi oppure a un ritardo nella diagnosi.
Preoccupazione materna e anoressia neonatale
La preoccupazione materna è una reazione naturale di fronte al rifiuto del cibo da parte del proprio figlio. Quando un neonato rifiuta il cibo oppure manifesta difficoltà ad alimentarsi la madre può sentirsi impotente, frustrata e ansiosa. Talvolta però la preoccupazione materna può trasformarsi in un circolo vizioso dai risvolti negativi. Il neonato infatti potrebbe percepire la tensione della madre rifiutando ulteriormente il cibo e questo comportamento non fa che innescare un aumento dell'ansia.
Studi recenti hanno dimostrato che lo stile alimentare e le caratteristiche comportamentali delle madri sono correlate ai sintomi del Disturbo da Evitamento e Restrizione dell'Assunzione di Cibo (ARFID) e all'anoressia neonatale dei loro figli. I risultati hanno rivelato che sia lo stile alimentare materno che l'eccessiva preoccupazione materna possono svolgere un ruolo rilevante nel comportamento alimentare dei bambini (Brytek-Matera et al., 2022).
Cause di anoressia neonatale
L'anoressia neonatale può avere diverse cause che possono essere sia di natura organica che psico-sociale. È essenziale distinguere tra i vari fattori per poter intervenire in modo appropriato e tempestivo:
- cause organiche: le cause organiche dell'anoressia neonatale sono legate a problemi fisici che impediscono al bambino di alimentarsi correttamente come ad esempio problemi gastrointestinali (reflusso gastroesofageo, coliche, stipsi o altre patologie che causano dolore o disagio durante l'alimentazione), infezioni delle vie respiratorie, disturbi neurologici che interferiscono con la capacità del bambino di coordinare la suzione, la deglutizione e la respirazione, allergie o intolleranze alimentari;
- cause psico-sociali: le cause psico-sociali dell'anoressia neonatale sono legate a fattori psicologici o comportamentali come lo stress materno, interazioni disfunzionali madre-bambino, ritmi irregolari di alimentazione.
Gli studi dimostrano che nell'anoressia neonatale le interazioni alimentari tra i bambini e le loro madri sono caratterizzate da bassa reciprocità, maggiore conflitto interattivo ed affetti negativi (Chatoor et al., 2000; Ammaniti et al., 2010). Inoltre questi studi hanno evidenziato che la depressione materna e i disturbi alimentari della madre sono frequentemente associati all'anoressia infantile (Cooper et al., 2004; Ammaniti et al., 2010; Lucarelli et al., 2013).
Ad oggi la ricerca si è concentrata quasi esclusivamente sul ruolo della madre nell'anoressia infantile mentre il coinvolgimento dei padri e le interazioni co-genitoriali e familiari sono state poco indagate. Uno studio recente ha indagato le interazioni triadiche madre-padre-bambino durante l'alimentazione e il gioco in famiglie con bambini con diagnosi di anoressia infantile confrontandole con quelle di famiglie con bambini senza anoressia. I risultati dimostrano che le famiglie con bambini con anoressia avevano maggiori difficoltà nell'esprimere e condividere emozioni positive e nello strutturare un contesto prevedibile e flessibile per i loro figli. I bambini a loro volta mostravano poca autonomia e avevano difficoltà nell'essere attivamente coinvolti e sintonizzati emotivamente con i genitori. Le interazioni familiari disfunzionali sono dunque un problema critico e sottolineano l'importanza di una valutazione diagnostica approfondita che permetta di indirizzare le famiglie verso forme di trattamento efficaci per affrontare l'anoressia dei figli (Lucarelli et al., 2017).
Studi e ricerche
La conoscenza scientifica dell'anoressia neonatale è ancora scarsa ma si ha la certezza che le conseguenze fisiche e mentali dell'anoressia neonatale e infantile sembrino essere peggiori di quelle dell'anoressia adolescenziale.
Nel caso dell'anoressia neonatale non ci sono differenze tra anoressia femminile e anoressia maschile.
Negli ultimi anni sono stati condotti diversi studi sull'anoressia nel bambino per comprenderne meglio le cause e trovare le strategie più efficaci per affrontarla. Questi studi hanno evidenziato l'importanza di una diagnosi precoce e di un intervento tempestivo per evitare che il problema si cronicizzi.
Una recente ricerca pubblicata su JAMA Psychiatry ha confrontato la condizione di rischio per la gravidanza di donne con un disturbo alimentare con quello di donne senza disturbi alimentari. Tutti i sottotipi di disturbi alimentari materni sono stati associati a un rischio di iperemesi e di anemia durante la gravidanza circa 2 volte maggiore rispetto a quello delle donne senza DCA. L'anoressia nervosa materna è stata anche associata a un rischio aumentato di emorragia antepartum, un rischio aumentato di parto pretermine e di partorire neonati con microcefalia. I risultati di questo studio suggeriscono che le donne con disturbi alimentari attivi o pregressi presentano un rischio maggiore di esiti negativi durante la gravidanza e per la salute del neonato e potrebbero aver bisogno di una maggiore assistenza prenatale e durante il parto (Mantel et al., 2020).
Una ricerca pubblicata sulla rivista Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition ha tentato di identificare modelli o sintomi comportamentali genitoriali e infantili che potrebbero aiutare a distinguere tra cause organiche e cause comportamentali. Questo studio ha evidenziato come la scarsa assunzione di cibo, il ridotto aumento di peso e il vomito non costituiscano di per sè fattori che permettono di discriminare tra cause organiche e non organiche. I fattori che indicavano la presenza di anoressia neonatale erano invece maggiormente correlati a cause comportamentali che includevano rifiuto del cibo, pratiche di alimentazione anomale, insorgenza del disturbo a seguito di un fattore scatenante specifico e presenza di conati di vomito anticipatori. Studi e ricerche affermano in egual misura che un supporto psicologico alla madre possa avere un impatto significativo sulla risoluzione dell'anoressia neonatale (Levy et al., 2009).
Conseguenze dell'anoressia neonatale
Se non viene adeguatamente individuata e trattata l'anoressia neonatale può avere conseguenze negative sulla salute e sullo sviluppo del bambino. Le conseguenze possono variare in base alla durata e alla gravità del rifiuto alimentare e includono:
- ritardo della crescita: la mancanza di nutrienti essenziali può rallentare il processo di crescita del bambino;
- compromissione dello sviluppo neurologico: una nutrizione inadeguata può influire negativamente sullo sviluppo del cervello e di conseguenza può danneggiare alcune capacità cognitive del bambino;
- problemi di salute a lungo termine: un deficit nutrizionale prolungato può portare a problemi di salute cronici come anemia o rachitismo;
- disturbi del comportamento alimentare in età adolescenziale o adulta: alcune testimonianze di persone con anoressia nervosa o bulimia raccontano di aver sofferto da piccoli di anoressia neonatale.
Cosa fare in caso di anoressia neonatale?
Aiutare un neonato con anoressia richiede un intervento multidisciplinare e tempestivo per prevenire l'insorgenza di complicazioni. Il primo passo per curare un bambino sospettato di avere difficoltà di alimentazione inizia con un'anamnesi completa che comprende la storia alimentare e i comportamenti correlati all'alimentazione. Il passo successivo è la differenziazione tra cause organiche e non organiche sottostanti ai problemi di alimentazione. Il pediatra potrà effettuare una valutazione completa per identificare eventuali malattie che sono all'origine del disturbo alimentare e suggerire le opzioni di trattamento più appropriate.
Secondo le più recenti indicazioni sui principi alimentari di base per i bambini con difficoltà alimentari è importante seguire alcune regole durante i pasti:
- evitare ogni tipo di distrazione: ad esempio tenere spenta la televisione, evitare rumori e non fornire giochi, cellulari, giocattoli e libri durante il pasto:
- utilizzare una sedia per bambini a tavola;
- dare da mangiare al bambino a intervalli di 3-4 ore per massimizzare l'appetito ed evitare spuntini e bevande tra i pasti;
- mantenere un atteggiamento sereno durante i pasti e cercare di non essere ansiosi o arrabbiati;
- limitare la durata del pasto a non più di 20-30 minuti;
- dare cibo adatto all'età in base allo sviluppo del bambino e utilizzare porzioni ragionevolmente piccole;
- introdurre un nuovo alimento per volta e offrirlo almeno 5-15 volte prima di rinunciare;
- incoraggiare l'alimentazione indipendente nei bambini piccoli assicurandosi che abbiano il proprio cucchiaio;
- consentire che il bambino sporchi in modo appropriato all'età durante i pasti utilizzando un bavaglino e pulendosi la bocca con un tovagliolo ogni volta che mangia o beve.
L'importanza del supporto psicologico
L'anoressia neonatale è un disturbo complesso che richiede un approccio multidisciplinare in cui il supporto psicologico riveste un'importanza centrale. Per questo aspetto, Serenis si pone come un punto di riferimento per le famiglie offrendo un sostegno professionale e qualificato per superare le difficoltà emotive e psicologiche legate all'alimentazione del bambino.
Fonti:
- Mantel, Ä., Hirschberg, A. L., & Stephansson, O. (2020). Association of maternal eating disorders with pregnancy and neonatal outcomes. JAMA Psychiatry, 77(3), 285.