Affidamento familiare o affido familiare: come funziona?
L'affidamento familiare, o affido familiare, viene descritto come un sistema di sostegno per minori che necessitano di un ambiente familiare alternativo, dettagliando procedure e obiettivi per garantire il benessere del bambino.
Introduzione
L’affido familiare, volgarmente detto affidamento familiare, è uno strumento di tutela nei confronti dei minori i cui genitori siano inabili allo svolgimento della funzione genitoriale. In Italia, è regolato dalla Legge n.184 del 1983 e riformato nel 2015 dalle Legge 19 n.173.
Ma qual è il suo funzionamento? Come ha inizio il procedimento di tutela? Chi può essere nominato affidatario? Nel corso dell’articolo risponderemo a tutte queste domande, ponendo in conclusione l’accento sulle conseguenze emotive e psicologiche che il procedimento ha di sovente sui minori interessati.
Che cosa si intende per affido familiare?
L’affido familiare è uno strumento di tutela nei confronti del minore con una durata predefinita al fine di ristabilire il rapporto genitore figlio. Al termine del periodo di affidamento, il minore può far ritorno nella famiglia di origine o essere dichiarato adottabile a seconda dei casi specifici.
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Esistono delle circostanze che rendono il genitore inabile allo svolgimento della sua funzione e che rendono necessario il procedimento di affido. Tali circostante possono riguardare:
- problematiche economiche gravi, che impediscono al minore di avere una buona qualità della vita;
- condizioni di tossicodipendendenza della figura genitoriale, che mettono il minore in pericolo;
- altre condizioni che mettono a repentaglio la salute emotiva e psicofisica del minore e che richiedono un suo allontanamento dal nucleo familiare.
Quindi, la fase preliminare del processo di affido consiste sempre in una valutazione della condizione del genitore; se la valutazione è negativa, e si evidenzia una incapacità del soggetto a svolgere la propria funzione, ha inizio il processo di affido familiare vero e proprio.
Il minore può essere affidato ad un’altra famiglia, a una comunità o a un’entità che sia in grado di assicurare il suo benessere e la sua istruzione.
Come inizia l’affido familiare
Il più delle volte, una situazione di difficoltà viene segnalata ai Servizi Sociali, che attraverso accertamenti in loco e con il supporto di psicologi indagano la condizione della figura genitoriale. A questo punto, i servizi sociali possono disporre l’allontanamento del minore previo consenso dei genitori o delle figure con potestà o rivolgendosi al Tribunale dei Minori, che renderà effettiva la decisione o opterà per un altro provvedimento.
Se il decreto viene reso effettivo, ha inizio il periodo di affidamento, di cui verrà segnalato il tempo complessivo con durata massima di due anni ma prolungabile in presenza di alcuni fattori determinanti. In alternativa, può essere direttamente il tribunale dei minori a predisporre l’affido. In tal caso, la decisione ha effettività immediata.
L’affido può essere completo o parziale: se è parziale, il minore trascorre del tempo con la famiglia affidataria o la figura affidataria e del tempo con la famiglia di origine. Non abbandona dunque il nucleo familiare ma ottiene supporto da una figura esterna al nucleo.
L’affidatario
Il minore può essere affidato a parenti della famiglia di origine fino al quarto grado di parentela. Se la decisione avviene volontariamente da parte del genitore, è suo dovere segnalare il procedimento di affido alla Procura.
Stiamo parlando dei procedimenti di affido intra-familiare: cioè tra membri della stessa famiglia e senza limite di durata. In questo caso, è doveroso prestare gli alimenti al minore se si intrattiene con lui un grado di parentela o se si è stati nominati tutori.
Al contrario, funzionano gli affidi extra-familiari:
- possono essere richiesti da persone singole o da semplici conviventi;
- gli affidatari devono essere dichiarati idonei all’affido mediante colloqui volti a valutare la loro condizione psicologica, economica e sociale;
- se il minore ha compiuto 12 anni, ha diritto ad essere ascoltato e le sue volontà hanno valore nella decisione del giudice.
Altri parametri per l’idoneità dell’affidatario sono:
- età;
- tipo di abitazione;
- condizione fisica, mentale ed emotiva;
- ragioni per cui chiede l’affido ed altro ancora.
L’affidatario ha inoltre dei doveri ben precisi:
- la cura del minore rientra tra questi (intesa come cura affettiva, fisica e intellettuale);
- avere rapporti con la famiglia del minore;
- non ottenere fondi dalla famiglia di origine del minore;
- utilizzare il contributo statale per la cura e il benessere del minore.
La famiglia di origine deve invece intrattenere rapporti costanti e validi col minore e tentare di soddisfare i requisiti per la revoca dell’affido, che sono stati prescritti dal Tribunale dei Minori o dai Servizi Sociali se l’affido è stato consensuale.
Conseguenze psicologiche sul minore
I minori in affido possono sperimentare sensazioni variegate, a seconda della condizione che ha portato al decreto giudiziario. In generale, è testimoniato un senso di spaesamento, ansietà, insonnia e angoscia, anche se il minore è stato allontanato da situazioni negative e complicate dal punto di vista economico, psicologico ed emotivo.
In questa fase, sia per il minore che per la famiglia d’origine, è consigliato un supporto psicologico costante (ad esempio con uno psicologo infantile o con un trattamento per genitori tossicodipendenti, da considerare la terapia familiare se questa è stata la causa dell’allontanamento del minore).
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