Afefobia: la paura del contatto fisico
L'afefobia è la paura irrazionale del contatto fisico e può provocare una reazione emotiva eccessiva o sproporzionata rispetto all'evento che l'ha causata. Leggi l'articolo per scoprire sintomi, cause e rimedi per questa fobia poco conosciuta.
La paura del contatto fisico viene chiamata "afefobia", dal greco apto ovvero "toccare" e phobia ovvero "paura". Essa è infatti la fobia di toccare o essere toccati.
Ma perché hai paura di entrare in contatto con le altre persone? In breve, se hai paura di essere toccata (o toccato), potrebbe dipendere da altre problematiche, come:
- un disturbo da stress post-traumatico;
- un disturbo evitante;
- un disturbo di personalità.
A parere degli studiosi, infatti, l’afefobia si accompagna non di rado a queste e ad altre condizioni patologiche. In alternativa, potresti aver vissuto traumi relativi al contatto.
Come risolvere il problema dell’afefobia?
Si consiglia di seguire un percorso terapeutico capace di individuare le cause profonde del problema e di risolverle attraverso il lavoro in studio o online. Scendiamo più nel dettaglio.
Cos'è l'afefobia
L’afefobia è la paura del contatto fisico, paura di essere toccati/e o di toccare. In quanto fobia, non indica una semplice paura, ma una reazione emotiva spropositata di fronte a un evento generalmente ritenuto normale o inoffensivo.
Come accennato, l’afefobia può essere generalmente definita come fobia del contatto. Ma qual è la vera differenza tra una fobia e una paura?
Mentre la paura è una reazione emotiva naturale a una situazione di pericolo o difficoltà, la fobia è una paura irrazionale, immotivata e dal contenuto invadente.
Così, per esempio, se una persona ha timore di essere toccata da qualcuno di violento o potenzialmente pericoloso, non può essere definita afefobica. Al contrario, se la paura si presenta in svariati contesti quotidiani, senza essere giustificata, si può a ragione parlare di afefobia.
Afefobia e sessualità
L'afefobia può avere un impatto significativo sulla sfera sessuale di un individuo. Questa fobia può influenzare diversi aspetti della vita sessuale, creando sfide e disagi emotivi e fisici.
La paura del contatto fisico può rendere difficile stabilire e mantenere relazioni intime: la persona con afefobia potrebbe evitare il contatto fisico e sessuale, rendendo difficile lo sviluppo di una connessione emotiva profonda con un partner.
La conseguenza può essere una riduzione del desiderio sessuale. L'idea di dover entrare in contatto fisico con un'altra persona, infatti, può generare ansia e stress che, a loro volta, possono contribuire all'emergere di problemi come l'impotenza o la mancanza di eccitazione sessuale.
Tutto questo può rendere complicato comunicare: le difficoltà a esprimere i desideri e i limiti sessuali possono portare a una mancanza di intimità emotiva e fisica.
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Paura del contatto fisico e autismo
La paura del contatto fisico può manifestarsi in individui con disturbi dello spettro autistico (ASD), ma è importante notare che non tutte le persone con autismo sperimentano questa paura e che le reazioni possono variare notevolmente da soggetto a soggetto.
Molte persone autistiche hanno sensibilità sensoriali particolari e possono avere una maggiore necessità di spazio personale e, di conseguenza, percepire il contatto fisico come invasivo o minaccioso.
Ma altrettante persone autistiche possono desiderare il contatto fisico o imparare gradualmente a tollerarlo attraverso l'intervento terapeutico e l'educazione sociale.
Quali sono i sintomi dell’afefobia?
I sintomi dell’afefobia ricordano molto da vicino quelli di una crisi d’ansia. Questo perché, di fronte all’evento stressante, il soggetto fobico può sperimentare un vero e proprio attacco d’ansia. Ecco i sintomi più comuni:
- sudorazione;
- tremori;
- tachicardia;
- nervosismo;
- nausea;
- vertigini;
- sensazioni di ansia e panico;
- sensazione di perdere il controllo.
L'afelofobia può quindi portare ad un desiderio di evitare quelle situazioni che implicano un contatto fisico, determinando l'isolamento sociale dell'individuo.
In alternativa, la persona afefobica potrebbe sperimentare pensieri invadenti o rimuginio. Per rimuginio si intende un tipo di riflessione eccessiva che può causare preoccupazioni di tipo ossessivo. Così l’afefobico/a potrebbe trascorrere moltissimo tempo a pensare all’oggetto della fobia, peggiorando il proprio quadro clinico.
Rimuginazione nella persona afefobica
L’afefobico potrebbe, altresì, rimuginare su ogni possibile evenienza (es. “Dovrò toccare qualcuno oggi?", "E se mi stringessero la mano?", "E se incrociassi un vecchio amico?”). Il rimuginio si presenta quindi come una soluzione disfunzionale, che crediamo utile per:
- far fronte all’ansia di un possibile contatto;
- cercare di prevedere possibili eventi stressanti.
Il rimuginio può dare un'apparente sensazione di sollievo dalla fobia ma, a lungo andare, non solo non aiuta il soggetto, ma rende il pensiero fobico ancora più invadente e totalizzante.
Esiste un test per l'afefobia?
Non esiste un test standardizzato online specifico per l'afefobia. Tuttavia, se si sospetta di soffrire di afefobia o di avere paura del contatto fisico, è consigliabile consultare una o uno:
- psicologo;
- psicoterapeuta;
- psichiatra.
Questi professionisti della salute mentale sono in grado di condurre una valutazione clinica approfondita, utilizzando:
- interviste;
- questionari;
- altre metodologie diagnostiche.
Per valutare la presenza di fobie o disturbi correlati.
Cause dell'afefobia
Le cause dell'afefobia, o paura del contatto fisico, possono derivare da una combinazione di fattori psicologici, esperienze passate e influenze ambientali.
Eccone alcuni:
- esperienze traumatiche. Un'esperienza passata di abuso sessuale, violenza o qualsiasi forma di contatto fisico indesiderato può contribuire allo sviluppo della afefobia. L'associazione di esperienze traumatiche con il contatto fisico può generare paura e ansia in chi lo sperimenta;
- storia di violenza o molestie. Individui che hanno vissuto situazioni di violenza o molestie possono sviluppare una paura del contatto fisico come meccanismo di difesa per evitare ulteriori situazioni potenzialmente dannose;
- educazione rigida o repressiva. Un'educazione che ha promosso idee rigide sulla sessualità, inibendo la libera espressione del corpo o insegnando che il contatto fisico è negativo, può contribuire alla formazione della afefobia;
- disturbi psicologici preesistenti. Alcuni disturbi psicologici, come l'ansia sociale, l'anoressia nervosa o il disturbo da stress post-traumatico, possono essere collegati alla afefobia o contribuire alla sua comparsa.
La consulenza con un professionista della salute mentale può essere utile per esplorare le esperienze personali, affrontare le paure irrazionali e sviluppare strategie per gestire la fobia.
Conseguenze della paura del contatto
Oltre a causare evidente disagio personale, sia psichico sia emotivo, l’afefobia può avere effetti collaterali anche gravi sulla vita del soggetto colpito.
Per esempio, negli adulti, l’afefobia può rendere impossibile o molto difficile intrattenere relazioni personali di natura amorosa. Ricordiamo infatti che l’afefobico non teme il contatto fisico per paura, ma in maniera del tutto irrazionale e incontrollata: questo timore può quindi riguardare anche il proprio partner e la sfera sessuale.
Negli adolescenti, invece, l’afefobia potrebbe causare problematiche relazionali sia in ambito familiare sia scolastico. Molti genitori si domandano infatti: perché mia figlia non vuole essere toccata?
La risposta è proprio questa: perché soffre di afefobia.
Rimedi per l'afefobia
Di fronte a una problematica tanto invalidante, viene naturale chiedersi: come si cura l’afefobia?
Purtroppo, come testimoniano alcuni studiosi, la letteratura clinica sull’afefobia è ancora molto limitata. Così, la problematica viene generalmente inquadrata in quanto sintomo secondario di altre patologie, tra cui:
- disturbi di personalità (come il disturbo antisociale o quello evitante);
- disturbo post traumatico da stress.
L'afefobia, come abbiamo detto in precedenza, è spesso conseguenza di esperienze traumatiche, di un'educazione rigida o di patologie preesistenti. In ciascuno di questi casi può essere utile intraprendere un percorso terapeutico.
Una buona idea è quella di cominciare un percorso di terapia breve strategica, un tipo di intervento mirato - prima di tutto - alla gestione della sintomatologia clinica.
Molto in generale, la terapia breve strategica tenta di lavorare sui comportamenti irregolari per modificare le credenze disfunzionali (e non il contrario). Così, per far superare la fobia del contatto a una persona afefobica, si tenterà di farla agire in contrasto con la propria fobia. In un ambiente controllato, per esempio, verrà sottoposta a progressivi episodi di contatto. Scoprendo di non avere nulla da temere, a lungo andare l’afefobico modificherà anche la credenza virtuale (cioè la fobia vera e propria).
In alternativa, è possibile cominciare un percorso di terapia psicoanalitica: si cercherà di lavorare sui vissuti traumatici per condurre il paziente alla verbalizzazione e al conseguente superamento del trauma.
La psicoterapia online di Serenis
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